«In Norvegia, già nei giorni precedenti al Blinkfestivalen, Lisa aveva fatto vedere tante cose positive in allenamento e per questo motivo eravamo fiduciosi».
Di ritorno da Sandnes, Edoardo Mezzaro, che insieme ad Alex Inderst sta seguendo la preparazione solitaria di Lisa Vittozzi verso il rientro dopo l’anno di stop, è molto soddisfatto degli ottimi risultati ottenuti dalla sappadina.
Nella kermesse norvegese, alle prime gare internazionali undici mesi dopo il City Biathlon di Dresda della passata stagione, l’azzurra ha prima chiuso al secondo posto la supersprint, alle spalle di Jeanmonnot, poi ha vinto la mass start proprio davanti alla francese.

Ne è felice ovviamente Mezzaro che la segue al tiro, come aveva fatto al fianco di Jonne Kähkönen nel 2022/23 e 2023/24, quando assieme all’allenatore finlandese seguiva la nazionale femminile azzurra nel corso dell’estate, per poi concentrarsi sull’IBU Cup in inverno.
Un anno dopo aver deciso di lasciare i quadri FISI per dedicarsi ad alcuni progetti privati e aver seguito anche il Comitato ASIVA, Mezzaro non ha potuto dire di no quando Klaus Höllrigl gli ha proposto l’intrigante possibilità di lavorare con la campionessa azzurra in una sorta di team privato.
«Non mi sarei mai aspettato di rientrare così presto – ha ammesso Mezzaro a Fondo Italia – per diversi motivi, tornare nel contesto della squadra nazionale non era nei miei piani per diversi motivi, altrimenti non avrei lasciato l’anno prima. Avevo in mente un percorso diverso. Quando mi è stata fatta questa proposta non nego che sono rimasto un po’ sorpreso, anche piacevolmente, perché evidentemente significa che il mio modo di lavorare è stato apprezzato. Non ho risposto subito affermativamente, ci ho pensato prendendomi il tempo necessario per fare le mie valutazioni, capire anche se fossi la persona giusta per affrontare questo importante incarico. Dopo aver parlato con Klaus (Höllrigl, ndr), Alex (Inderst, ndr) e la stessa Lisa, ho deciso di provarci. Senza dubbio è un’esperienza particolare, unica, che non si sarebbe mai ripresentata. Non so a quanti capiti l’opportunità di lavorare in un team così piccolo al seguito di un’atleta del valore di Lisa Vittozzi. Valeva la pena provarci e mettersi in gioco».

Alla vigilia del Blinkfestivalen vi sareste aspettati che Vittozzi potesse rientrare subito così bene?
«Eravamo fiduciosi dopo quanto visto da lei nei giorni precedenti, poi ovviamente c’erano diversi aspetti che avrebbero potuto incidere. Si poteva mettere in conto di avere qualche problema, anche perché Lisa avrebbe potuto sentire un po’ di tensione. Inoltre ci si andava a confrontare di nuovo con atlete di calibro internazionale e, indipendentemente da quanto è accaduto lo scorso anno, la prima volta stagionale è sempre un’incognita. Le gare sono andate molto bene e ciò può dare ancora maggiore fiducia sul lavoro che stiamo facendo. Per lei è importante aver rotto il ghiaccio. Ci sono ancora diverse cose su cui lavorare, ma lo si può fare con maggiori certezze».
Vittozzi aveva tutti gli occhi puntati addosso, una situazione non semplice da gestire. Come l’ha vista sotto questo aspetto?
«Molto tranquille e concentrata su quanto stava facendo. Lisa ha gestito molto bene lo stress. Già alla vigilia sapeva che avrebbe avuto tutti gli occhi puntati addosso e che non sarebbe stata una situazione facile da controllare, ma l’ha fatto bene. Così è rientrata nel contesto gara nel migliore dei modi, facendo benissimo ciò che sa fare. Al di là dell’ottimo risultato, abbiamo tratto tante cose positive sia dal punto di vista tecnico che di approccio alla gara e gestione delle emozioni».

Insomma delle competizioni davvero utili a metà del percorso di preparazione.
«Certo, anche perché ci hanno permesso di allenare un aspetto che non puoi affrontare davvero in allenamento, quello della pressione. Le gare sono il modo migliore per farlo e lei ha dimostrato di riuscirci già molto bene. Un punto importante».
Che tipo di lavoro ha svolto con lei in questi mesi? Quando avete iniziato la vostra collaborazione lei non sparava da qualche mese.
«Si, nei mesi di stop ha messo da parte la carabina, anche perché non avrebbe avuto senso continuare ad allenarsi al tiro. C’era un altro problema da risolvere e doveva concentrarsi su quello. Quando ha ripreso a maggio, abbiamo ricominciato dalle basi, cosa che si fa sempre, anche normalmente all’inizio di ogni preparazione. Con lei si sta facendo un lavoro più individualizzato, si valuta ciò di cui ha bisogno. La linea generale è abbastanza simile alle altre squadre ma, in funzione di ciò che si vede in allenamento, si lavora particolarmente sulle cose di cui Lisa ha bisogno. Siamo partiti con un periodo di tiro da fermo, come sempre, lì abbiamo iniziato a ragionare sulle sue necessità, su cosa migliorare quest’anno e siamo andati avanti sulla base del programma generale ma focalizzandoci sulle sue necessità individuali».

Che Lisa Vittozzi aveva trovato all’inizio della preparazione?
«Io l’avevo trovata molto tranquilla, anche se ovviamente, venendo da un lungo periodo di stop, all’inizio c’era qualche incognita in più, dovuto anche un po’ alla paura di ricadere nei dolori alla schiena dell’anno precedente. Questa problematica penso che siamo riusciti a superarla, grazie anche all’aiuto di tutti gli staff medici che l’hanno seguita. Adesso vedo che man mano che andiamo avanti la fiducia aumenta. Questo è molto importante. Dal punto di vista del lavoro, invece, ho ritrovato subito la Lisa che tutti conosciamo, una grande lavoratrice. Come atleta non si tira mai indietro, cerca sempre di migliorare nei dettagli. Dopo un anno di stop c’era anche l’incognita di come sarebbe rientrata mentalmente nella classica routine dell’allenamento, ma anche qui ha subito ripreso i giusti ritmi ed è andata bene fin dall’inizio. Non era scontato».
A trent’anni cosa può ancora migliorare al tiro un’atleta fortissima come Lisa Vittozzi?
«Dico una cosa scontata, ma ovviamente c’è sempre da migliorare in quanto nessun atleta spara con il cento per cento. Ovviamente, rispetto a quando si lavora con un atleta più giovane, quando ci si riferisce a un campione di altissimo livello al tiro che ormai è già formato, non si parla più di migliorare tecnicamente ma gestire determinate situazioni di gara, capire come adattare il proprio modo di sparare alle circostanze anche più improbabili che possono verificarsi. La cosa più difficile da fare è allenare quindi le situazioni di gara, con la tensione e i vari fattori esterni che possono incidere».

Insomma, sotto questo punto di vista, ben vengano gli errori commessi nell’ultima serie della mass start di sabato.
«Ecco, quella è proprio una delle situazioni a cui mi riferivo, è un ottimo esempio. Lì si è ritrovata in una situazione nella quale non era da oltre un anno, da sola all’ultimo poligono con un buon vantaggio sulla seconda ma non troppo. Il momento in cui hai la vittoria lì vicino ma basta pochissimo per perdere quell’attimo di concentrazione e il ritmo, così dopo tre serie di tiro perfette arriva quella brutta. Bene sia successo adesso, almeno si può lavorare affinché non accada quando conta. Da qui si impara ancora e si migliora. Da una serie non bella si possono trarre tanti aspetti su cui lavorare».
Il vostro è un team molto particolare, rivolto a un’unica atleta. Che tipo di rapporto si crea?
«Sicuramente è diverso rispetto al solito e questa esperienza è nuova anche per noi, me, Alex e i fisioterapisti che ci stanno seguendo in questa preparazione. Non è soltanto il fatto di doverci concentrare solo su di lei al lavoro, ma anche sul cenare sempre assieme e cercare di svolgere attività collaterali per rendere tutto più leggero, cosa che non è semplice quando un atleta è completamente solo. Per esempio in Norvegia siamo andati a giocare a bowling una sera dopo cena, per fare anche qualcosa di diverso. Insomma un team così richiede tante energie e molta attenzione. Mi metto nei panni di Lisa e credo debba essere veramente motivata per allenarsi da sola. Non penso sia semplice. Però devo dire che sta andando tutto bene, stiamo lavorando nel modo giusto».