“Un gioioso sollievo”. In questo modo Christiansen ha definito il successo da lui ottenuto nella sprint di Le Grand Bornand. Il trentatreenne norvegese si è imposto grazie a una prestazione perfetta al poligono e un finale in crescendo sugli sci, che gli ha consentito di scavalcare sia Jacquelin che Dale.
Una vittoria che al norvegese mancava da quasi due anni, quando si impose nella mass start di Anterselva nel gennaio 2025. «È sempre difficile vincere nel biathlon – ha esordito Christiansen con il sorriso e qualche battuta dopo che gli abbiamo fatto notare di avere quel pettorale 64 già fortunato con Wierer e Minkkinen – in particolare è ancora più difficile ottenere dei successi quest’anno, perché essendo l’anno olimpico, sono tutti preparati e in buona forma».
Una vittoria fondamentale per lui, perché da norvegese è in lotta serrata per ricevere la convocazione olimpica. «Nella squadra norvegese siamo in nove tutti molto competitivi e vicini tra loro. Vincere rispetto ad arrivare secondo, terzo o quarto è estremamente importante perché può fare la differenza tra essere alle Olimpiadi o meno. Se vedo le Olimpiadi più vicine? Penso di si, perché credo che la Norvegia voglia atleti in grado di vincere alle Olimpiadi».
Proprio per questo motivo, Christiansen ha ammesso che la sua prima sensazione non è stata di gioia. «Ovviamente per noi norvegesi è sempre più il sollievo della gioia, perché abbiamo tanta pressione addosso, consapevoli che se non facciamo bene, andiamo a casa. Diciamo che è un gioioso sollievo».
Simpatica la sua esultanza sul podio, quando ha lasciato cadere gli sci come fossero un microfono. «Si, ho voluto imitare il mic drop. L’ho ritenuto un gesto abbastanza perfetto per un po’ di arroganza francese. Penso che a loro sia piaciuto» – dice ovviamente ridendo, con la sua consueta simpatia.
Incredibile quanto le cose siano cambiate in pochi mesi, quando Christiansen era stato messo ai margini della squadra norvegese e aveva anche protestato dopo la mancata convocazione in Coppa del Mondo, rifiutandosi di andare all’ultima tappa di IBU Cup.
«Allora mi sono detto che avrei dovuto farmi il mazzo per tornare a vincere in Coppa del Mondo. L’ho fatto, ho lavorato tanto duramente, non mi sono ammalato e mi sono allenato in modo quasi perfetto ogni giorno. Ho passato anche tanto tempo in quota come mi piace. Ho dimostrato di essere ancora in grado di migliorare anche a 33 anni. È bello da vedere».


