È partita da Chiusa Pesio, in provincia di Cuneo, la preparazione della nazionale italiana maschile di biathlon in vista della stagione 2025/2026. Come già accaduto l’anno scorso, i gruppi A e B svolgono assieme il primo raduno che si concluderà venerdì 23 maggio.
Assenti Tommaso Giacomel, a cui è stato concesso un ulteriore riposo dopo l’impegnativo finale della passata stagione, Dorothea Wierer, impegnata con alcuni appuntamenti delle Fiamme Gialle, e Lukas Hofer, sono nove gli azzurri presenti: Didier Bionaz, Patrick Braunhofer ed Elia Zeni per il gruppo A; Daniele Cappellari, Marco Barale, Christoph Pircher, Nicolò Betemps, Felix Ratschiller e Davide Compagnoni.
«Il progetto è identico allo scorso anno – spiega Andrea Zattoni, allenatore responsabile del gruppo A maschile – dal momento che le cose hanno funzionato abbastanza bene, abbiamo deciso di proseguire con la stessa linea di lavoro. In questo momento gli atleti affrontano un periodo con alti volumi e poca intensità. Abbiamo deciso di partire ancora insieme perché è giusto che gli atleti della nostra squadra siano con i più giovani, va bene per creare gruppo, in vista della stagione. Qui siamo in nove ed è un bel numero per allenarsi, anche perché si conoscono già tutti».
Avete quindi valutato che, nonostante la stagione sia stata complicata, il lavoro fatto fosse giusto.
«Si, siamo convinti che il lavoro fosse valido. I risultati non sono legati solo alla qualità del lavoro svolto, ma anche da altre componenti. Abbiamo fatto le nostre analisi sia a fine preparazione che a fine stagione, perché già a novembre si capisce se il lavoro ha funzionato o no. Qualche buon risultato lo abbiamo avuto, non solo con Giacomel. Alla fine riteniamo che la strada percorsa fosse quella corretta e vogliamo continuare a lavorare in quel modo».
Anche quest’anno non affronterete tante settimane in quota.
«Ne avevamo parlato anche lo scorso anno. Sulla quota io e Riccardo (Romani, allenatore del gruppo B, ndr) abbiamo le stesse idee, ovviamente accompagnate da quanto dice la letteratura riguardo questo argomento. Allenarsi in quota ha i suoi effetti in particolare a determinate altezze e in blocchi da tre settimane, che però sarebbero molto impegnativi per gli atleti. Ad oggi quindi abbiamo deciso di andare avanti così, poi non è detto che in futuro non si possa prendere un’altra strada. In ogni caso, abbiamo visto che nella passata stagione abbiamo fatto bene nelle gare a quote medio alte».
Dopo gli ottimi risultati della passata stagione, che Tommaso Giacomel si aspetta in preparazione? Lui ha sempre creduto molto in sé stesso, ma ora questa sua consapevolezza è accompagnata anche dai risultati.
«Tommaso ha sempre avuto grande consapevolezza nei propri mezzi e in generale non credo che i risultati ottenuti cambieranno molto il suo approccio. Mi aspetto di trovarlo umile come sempre, devoto al lavoro e deciso a coltivare quegli aspetti che gli hanno fatto svoltare la passata stagione da metà gennaio in poi. Il nostro compito è di aiutarlo in questo, senza mettergli pressioni o stress che non sono necessari».
Per un allenatore deve essere un orgoglio vedere un proprio atleta fare quel salto di qualità. Il segno che la strada percorsa è quella giusta.
«Per un allenatore, risultati come quelli di Tommaso ripagano dell’impegno che metti in tutto il lavoro di preparazione. Penso sia stata la stessa cosa per Fabio (Cianciana, ndr), nel momento in cui sono riusciti a fare questo switch sul tiro, che gli ha permesso di ottenere quei risultati. Quando vedi un ragazzo che si esprime in quella maniera e sai che i suoi compagni in tanti allenamenti sono stati al suo livello o almeno ci si sono avvicinati, hai conferma di aver intrapreso la strada giusta, fortifichi le convinzioni sulla tua filosofia di lavoro e sei ancora più sicuro di voler proseguire con una determinata linea».
Anche quest’anno Lukas Hofer svolgerà una preparazione leggermente diversa rispetto alla squadra?
«Con Luki abbiamo deciso di ridurre un po’ i volumi, perché anche lo scorso hanno ha lavorato tanto. Farà un percorso più personalizzato, con blocchi di allenamento in quota. Hofer è un atleta che sa gestirsi, un professionista con tanti anni di lavoro sulle spalle. La sfida più grande è mantenere in equilibrio il suo corpo. Se ce la faremo, i risultati saranno solo la conseguenza».
Come sta Dorothea Wierer? Alcune foto da lei pubblicate sui social hanno un po’ allarmato i suoi tanti tifosi.
«Doro ha un problema a un ginocchio, che da quanto dicono i dottori non è preoccupante. In poco tempo dovrebbe tornare alla normalità. In questo momento con lei abbiamo deciso di seguire un percorso leggermente diverso, utilizzando anche diversi mezzi di lavoro. In ogni caso non è qui a Chiusa Pesio per altri motivi, perché ha tanti impegni con il gruppo sportivo e non avrebbe avuto senso farla venire qui lunedì per poi ripartire venerdì».
Pensa che nella passata stagione Wierer avrebbe potuto ottenere di più, se non avesse avuto tanti malanni? In vista dell’anno olimpico, crede che sapere di vivere gli ultimi mesi di carriera possa darle una spinta in più?
«Sono convinto che nella stagione appena trascorsa abbia raccolto molto meno di quanto potuto, perché sugli sci si è dimostrata ad un buon livello, cosa che in annate precedenti non le era sempre successo. Penso sia per lei un segnale di fiducia, perché corpo e mente ci sono ancora. Se a questa componente associa il suo tiro,può ancora divertirsi e farci divertire. Lei deve solo canalizzare le energie in una direzione, quella delle competizioni. Poi, chissà, quando hai una deadline di fronte, a volte le cose vengono anchepiù facili».
Bionaz, Zeni e Braunhofer sono reduci da una stagione nella quale hanno avuto diverse difficoltà. Cosa si aspetta da loro?
«Penso e spero che la stagione appena terminata sia stata per loro formativa, abbia dato loro qualcosa sui tanti aspetti collaterali che contribuiscono all’ottenimento del risultato. Brauni ha comunqueraccolto un oro europeo, risultato mai ottenuto da alcun italiano in precedenza. Quel successo ha rappresentato una iniezione di fiducia, come si è poi visto nelle ultime gare della stagione. Su quello deve costruirci il resto per essere lì dove può. Lui ed Elia (Zeni, ndr) sono due ottimi tiratori e quella componente deve dare loro fiducia. In preparazione li ho sempre visti lavorare molto bene. Per quanto riguarda Zeni, non dobbiamo dimenticarci che ha avuto un percorso particolare, nel quale è stato molto rapido nell’ascesa, quindi poteva starci una piccola battuta d’arresto. Speriamo questo momento sia superato e riesca ad essere più concreto in gara. Quello è l’elemento che fin qui gli è mancato.
Per quanto riguarda Didier (Bionaz, ndr) abbiamo una sfida grandissima per noi e per lui, perché quello dello scorso anno era a mezzo servizio. Lui per primo conosce il proprio valore e crede nel percorso fatto in tutti questi anni. Non dimentichiamoci che abbiamo di fronte un ragazzo che a diciannove anni era già arrivato quarto in IBU Cup e ciò deve farci capire il potenziale dell’atleta che abbiamo di fronte. In questi anni non ha avuto alcuna involuzione dal punto di vista fisico e nemmeno al tiro, però sappiamo che il biathlon è uno sport complicato e le cose non sempre si allineano in maniera perfetta».
L’Italia non riesce a conquistare una medaglia con la staffetta maschile addirittura dai Mondiali di Brezno-Osrblie del 1997. Cosa manca per interrompere questo tabù?
«Secondo me quello che ci manca è la consapevolezza del valore che abbiamo come squadra. Due anni fa, quando in Coppa del Mondo abbiamo ottenuto tre podi in staffetta, nessuno se li aspettava. Un risultato dopo l’altro, però, è cresciuta la consapevolezza che ci ha aiutato, ma forse ha anche creato poi troppe aspettative per la stagione successiva. Dobbiamo partire in maniera umile, lavorando e credendo nel lavoro, consapevoli di quanto fatto. Credo che questi ragazzi possano tornare sul podio e dobbiamo provarci fin dalle prime staffette, perché non si può arrivare all’Olimpiade sperando di tirare fuori il coniglio dal cilindro proprio lì. Poi in una gara di un giorno può succedere di tutto, anche il venticinquesimo può vincere l’oro, ma non è normale. Se ci si arriva in maniera graduale e con fiducia, le cose in teoria riescono meglio e più maggiore naturalezza».
Con voi a Chiusa Pesio c’è anche il gruppo B, del quale fa parte Cappellari. Cosa si aspetta da lui e i suoi compagni?
«La scelta di tenere Cappellari nel gruppo B è stata fatta più per lui che per altro. Non ce la siamo sentita di fargli cambiare nuovamente gruppo, seppur nello stesso sistema di lavoro, perché volevamo dare continuità al rapporto positivo che ha instaurato con gli allenatori, Romani e Piller Roner. È stata una scelta condivisa, che Daniele ha accettato serenamente. Per quanto riguarda i giovani del gruppo, penso che l’anno appena trascorso sia stato un buon banco di prova, perché hanno gareggiato in IBU Cup con continuità, affrontando diverse settimane via di casa per appuntamenti importanti e gare di livello. Sanno di aver affrontato degli atleti norvegesi che potrebbero tutti correre in Coppa del Mondo, così come alcuni tedeschi, e alcune volte sono stati vicinial loro livello. Devono essere concreti e costruire la prestazione a medio termine. Ci auguriamo crescano ancora e ci mettano in difficoltà nel fare le scelte, non solo per riempire il sesto pettorale, ma per giocarsi piazzamenti importanti anche in Coppa del Mondo. L’obiettivo deve essere quello: andare in Coppa del Mondo per fare punti e scalare la classifica».