Al termine della scorsa stagione, alla vigilia della tappa di Planica, è emerso che Thomas Thurnbichler non avrebbe proseguito il suo contratto con la Federazione polacca di sci come capo allenatore della squadra di salto, rifiutando in seguito anche l’offerta di lavorare con le squadre giovanili della Polonia.
A fine aprile, è poi stato annunciato che a partire dalla stagione 2025/26, l’austriaco si dedicherà alla preparazione della seconda squadra tedesca.
In un’intervista esclusiva al sito polacco Skijumping.pl, il 35enne ha raccontato i motivi dietro rottura con la federazione polacca e del trasferimento in Germania.
“Nelle ultime settimane ho avuto un periodo un po’ più tranquillo, ho potuto respirare e godermi le giornate con la mia famiglia” ha esordito il tecnico “tre anni sono passati in fretta. Questo lavoro comporta molte responsabilità e molto stress: il tempo vola alla velocità della luce. Ma nel complesso è stato un periodo molto positivo e di grande crescita come allenatore. Anche dal punto di vista privato è stato fantastico. Ho trovato amici fantastici e mi sono goduto il soggiorno in Polonia. È un peccato che tutto non sia finito nel migliore dei modi, ma non vorrei mai cancellare questo capitolo.”
Il tecnico ammette che nell’ultimo weekend di gare non ha provato grandi emozioni, “era solo un altro giorno di lavoro, ma avevo già pianificato le mie prossime mosse, ero già concentrato sui miei obiettivi per il futuro.”
Un futuro che però non aveva più la Polonia nel suo mirino, nonostante la proposta della federazione polacca di guidare le squadre giovanili: “È sempre bene avere delle opzioni, ma onestamente sapevo fin dall’inizio che questa proposta sarebbe stata difficile da accettare. Avevo la mia strada preferenziale e questa è quella che ho scelto. Se una federazione è carente nelle sue strutture, tutto finisce così. Questo è stato il motivo, per non dire altro.”
A proposito di carenze, Thurnbichler lamenta principalmente rapporti difficili con i suoi superiori e una mentalità differente per quanto riguarda la gestione dello staff.
“All’inizio i rapporti sono stati generalmente molto buono, anche con Adam (Malysz, presidente federale, ndr). Ma di anno in anno i contatti sono diminuiti. Non ho mai avuto rapporti stretti con i membri del consiglio direttivo, ma credo sia stata anche una questione di barriera linguistica. Di norma in altri Paesi l’allenatore lavora con il direttore sportivo, non con il consiglio federale. A volte come capo allenatore si ha un contatto con il presidente, ma in genere si dovrebbe lavorare a stretto contatto con il direttore sportivo. In Polonia non è stato così.”
Questa struttura anomala ha fatto sì che il tecnico si sentisse solo nel proprio lavoro, nonostante per un certo periodo la Polonia abbia provato a correre ai ripari da questo punto di vista, affiancandogli Alexander Stoeckl anche se per poco tempo, una figura per altro molto vicina a lui personalmente: non solo in quanto connazionali ma anche per il tempo trascorso insieme da insegnante e allievo.
“In Austria ad esempio si ha un direttore sportivo, si condividono le visioni, si cerca di guidarsi a vicenda, per il bene della disciplina. Qui è stata più una battaglia che una collaborazione. A prescindere dal livello, il lavoro di un allenatore di salto con gli sci in Polonia è molto difficile, e non è certo facilitato in questo modo. Ho l’impressione che non ci sia una visione coerente nella Federazione. Questo genera difficoltà. A volte come allenatore hai bisogno di una direzione, di un obiettivo comune nel tuo lavoro. Questo mancava, ma spero che troveranno la loro “visione polacca” – con un allenatore polacco al comando.”
In questa “visione polacca” Thurnbichler ha provato a inserire tante iniziative di apertura mediatica alla squadra, per “vendere” il prodotto salto al pubblico, nonostante di norma non sarebbe compito del capo allenatore, bensì di figure non presenti nei quadri della federazione. E forse in parte anche questo ha fatto sì che lo sviluppo dei talenti non è stato così efficace come ci si attendeva, con il solo Pawel Wasek a trovare una sua strada tra l’élite.
“È una questione di risorse. Si cerca di costruire delle squadre, insieme al presidente della federazione si pensa a quali allenatori sarebbero più adatti a quali gruppi. Ma alla fine, per sviluppare davvero atleti di talento, ci vuole tempo e una struttura di allenamento ben pianificata fin dall’inizio. Credo che questi primi passi siano già stati fatti. Stiamo vedendo risultati sempre migliori da parte degli juniores, ma c’è ancora un grande divario generazionale rispetto alla grande squadra di prima. Non si può colmare da un giorno all’altro. Con Pawel è stato un successo” e qui secondo Thurnbichler emerge la differenza con i loro coetanei austriaci “Cosa li rende diversi? La professionalità. Pensano al salto con gli sci 24 ore al giorno, a cosa possono fare meglio. Pilch o Habdas hanno talento, ma oggi il talento da solo non basta più. Questo sport è troppo sviluppato, ci sono solo professionisti che lo praticano, quindi servono sia il talento che l’impegno totale. E in Polonia mancava questa combinazione.”
Oltre ai sassolini tolti dalle proprie scarpe, Thurnbichler ha dovuto affrontare anche diverse critiche interne.
“È in situazioni come questa che si vede la vera personalità di una persona. È sempre più facile dare la colpa agli altri. Ma sono opinioni personali, c’erano anche persone meravigliose che erano davvero grate, anche alla fine. E questo per me è sufficiente. Nel gruppo ho percepito grandi divisioni. In fin dei conti, ci vogliono sempre due parti che vogliono lavorare insieme. E secondo me – qui questa volontà era arrivava solo da una parte. È un bene che questo progetto sia giunto alla fine. Credo che fosse la soluzione migliore per tutti.”
Ora una nuova avventura con la DSV inizia per il tecnico austriaco, felice di trovare una struttura che soddisfi le sue esigenze e la sua visione di gestione di una squadra.
“Per esempio l’analisi della stagione segue un’agenda chiaramente definita e preparata dalla federazione. È una discussione concreta e costruttiva. E questo già di per sé mi ha fatto capire che era un buon posto dove lavorare. Abbiamo obiettivi chiari, ma per ora sono felice di lavorare con questa squadra. E quello che succederà in seguito lo vedremo. Abbiamo un ottimo mix di giovani ed esperti. Ci sono atleti di Coppa Continentale, un gruppo di saltatori con un buon passato in Coppa del Mondo e anche giovani di talento.”