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Lo sapevi che… il presidente della FIS è “proprietario” della Foresta Amazzonica?

Come ogni domenica, torna oggi la rubrica estiva che sta accompagnando l’estate di Fondo Italia e di tutti gli appassionati delle discipline nordiche, “Lo sapevi che…?”, dedicata alle curiosità, agli aneddoti e alle storie più particolari degli sport sugli sci stretti, quelli larghi, e persino quelli a rotelle. Storie che come redazione raccoglieremo, ma chiunque è benvenuto nell’aiutarci in questa ricerca, soprattutto se sono storie legate a comunità e personalità locali.

Si parla spesso dell’impatto che i cambiamenti climatici in corso, e in particolare dell’aumento delle temperature, stanno avendo sugli sport invernali. Con una “stagione fredda” sempre più corta, e le precipitazioni nevose sempre più rare a bassa quota, gli sport invernali, e in particolar modo quelli nordici, vedo messa in crisi la materia prima fondamentale per lo svolgimento delle gare. Persino in Norvegia, lo abbiamo visto nella scorsa stagione, lo scenario invernale è stato sostituito da quello primaverile durante i Mondiali di Trondheim, con le piogge che hanno messo a dura prova gli organizzatori per preservare il manto nevoso. Tante sono le iniziative volte a fare qualcosa a riguardo, sensibilizzando atleti e pubblico a fare maggiore attenzione, riducendo la propria carbon print, tra viaggi e uso di materiali inquinanti per la preparazione degli sci – tra le varie cose.

C’è qualcuno, nell’ambito delle discipline nordiche che ha fatto qualcosa di ancora concreto è stato l’attuale presidente FIS, Johan Eliasch: con un’azione assolutamente radicale nel 2005, lo svedese naturalizzato britannico ha acquistato 400.000 acri di foresta pluviale amazzonica in Brasile. Non per sfruttarla, ma per salvarla. In un’epoca in cui l’imprenditoria sembra più interessata al profitto che all’ambiente, limitandosi a iniziative di puro “green washing”, Eliasch si è mostrato in controtendenza, chiudendo nell’area di cui era diventato proprietario ogni attività di disboscamento e dichiarandola riserva naturale, nonostante per lui non ci fosse ritorno economico immediato.

Questa mossa è stato solo l’inizio di un progetto sfociato, un anno dopo, nella fondazione di Cool Earth, un’organizzazione no-profit con l’obiettivo di fermare la distruzione delle foreste tropicali proteggendo non solo gli alberi, ma anche le comunità indigene che le abitano, comprendendo in tempi quasi non sospetti che l’Amazzonia può essere preservata solo lavorando fianco a fianco di chi ci vive, fornendo risorse, infrastrutture e supporto economico, cosicché la protezione dell’ambiente diventasse anche una forma di emancipazione sociale. Questa visione avveniristica trova il suo massimo compimento nel 2024, quando per Cool Earth arriva la svolta più audace, quando cioè viene lanciato in progetto pilota di reddito di base universale per le comunità che vivono nella giungla, con cui si fornisce un reddito diretto, affinché le popolazioni locali non siano costrette a scegliere tra sopravvivere e distruggere l’ambiente che le circonda. Di fatto, si riconosce il valore della cura e della custodia come un vero e proprio lavoro..

Il lavoro di Eliasch non si è fermato però all’Amazzonia: milioni di acri di habitat critici in tutto il mondo, incluse aree dell’Africa Centrale e le foreste asiatiche, sono state incluse in una rete globale di protezione attraverso il Rainforest Trust, che collabora con scienziati, governi e ONG.

E tu lo sapevi?

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