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Salto con gli sci – Paige Jones accusa i nuovi controlli FIS: “Abbiamo dovuto spogliarci davanti a un medico uomo”

A seguito dello scandalo delle tute che ha coinvolto la squadra norvegese di salto con gli sci durante i Mondiali di Trondheim dello scorso inverno, la FIS ha stabilito regole e controlli più rigidi per le attrezzature degli atleti in vista della stagione olimpica. Un nuovo sistema di misurazioni, ben più accurato, è stato messo in funzione a partire dalla prima tappa del Summer Grand Prix, con molti atleti “caduti” già ai primi controlli e fermati prima ancora di iniziare la stagione con tute che non rispettavano le nuove norme.

Al di là di quelli che sono stati i risultati dei controlli, le polemiche si sono estese su un altro aspetto: quello della privacy e della sicurezza, in particolar modo delle atlete, dal momento che le misurazioni avvengono in presenza di uno staff medico maschile. Anche a livello juniores, le atlete si sottopongo a questa procedura spogliandosi, un aspetto non di poco conto e denunciato dalla saltatrice statunitense Paige Jones, ospite del podcast “Good Game with Sarah Spain”, dove ha raccontato le spiacevoli esperienze avute di recente prima dell’evento di apertura del Grand Prix estivo in Francia, a Courchevel.

Con l’avvento della misurazione in 3D è richiesto che gli atleti restino in biancheria intima, ma anche da questo punto di vista oggi i controlli sono più rigidi, stando ai racconti dell’americana: «Credo che alcune squadre siano scoperte a cucire cose nella biancheria, così l’anno dopo la FIS fornì direttamente la biancheria intima. Bisognava cambiarsi e farsi scansionare. Poi, a quanto pare, sono stati riscontrati altri trucchi, e così l’anno successivo abbiamo dovuto indossare la biancheria FIS davanti al personale medico.
Quest’anno la procedura è stata simile, ma con un’ispezione aggiuntiva: dovevamo abbassare le mutandine e stare con le gambe divaricate mentre il medico ci ispezionava per 3–5 secondi. Solo dopo ci davano l’ok e potevamo rimettere la biancheria e fare la scansione. Quindi ogni anno si alza l’asticella.»

Secondo Jones quest’anno l’asticella si sarebbe alzata a tal punto che alle saltatrici non è stato concesso di avere un medico donna per tutelare il proprio comfort durante procedure sempre più invasive.

«Ci siamo trovate davanti un medico uomo, un endocrinologo riproduttivo (una branca della ginecologia, ndr), e ci hanno detto che “andava bene”. Abbiamo dovuto spogliarci quasi del tutto davanti a lui. Ci hanno chiesto se ci sentivamo a nostro agio. Tutte abbiamo risposto “non proprio”. E ci hanno detto: “Va bene, potete rifiutare, ma allora non potrete gareggiare”. La scelta era illusoria. Eravamo tutte insieme quando ce l’hanno chiesto, pochi minuti prima del test. A chiedercelo erano i responsabili del controllo equipaggiamenti FIS per il circuito femminile. Chi non pratica sport come questo può restare scioccato dall’idea che per gareggiare si debba accettare controlli così invasivi, ma noi ci siamo abituate. Gli atleti sono abituati a urinare davanti agli ufficiali antidoping o a fare altre cose simili.»

Jones ricorda che nel settore femminile del salto ci si trova di fronte ad atlete anche molto giovani, dai 15 ai 23 anni, ed è importante che certe decisioni, come la presenza o meno di personale medico femminile, sia preso consultando le atlete. Su questo argomento, gli atleti del settore maschile, fa sapere la statunitense, hanno dato tutta la loro solidarietà alle colleghe, attivandosi come possono per aiutarle nella causa.

«La correttezza nello sport non dovrebbe costare la dignità delle atlete” conclude la 22enne “Servirebbero più risorse e più personale, non scorciatoie che ricadono sempre sulle donne. Bisogna che la FIS inizi a considerare le donne quando prende decisioni, perché spesso stabiliscono regole per gli uomini e le applicano pari pari a noi, senza tener conto delle differenze fisiche. Mi chiedo persino se ci sia una donna nel Consiglio FIS. Sono anche preoccupata per quello che questo significa per le atlete minorenni: normalizzare lo star nude in un contesto sportivo può esporle a rischi di abusi da parte di allenatori o adulti predatori.»

Se le accuse dell’atleta di Park City fossero confermate da altre atlete, si tratterebbe di una negligenza pesante da parte della FIS, non solo per l’invasività della procedura richiesta, ma anche perché le protagoniste di tali controlli sono in molti casi atlete minorenni. Dal canto suo, la FIS si rammarica per aver causato disagio alle atlete e ha annuncia già cambiamenti. «Rispettiamo i sentimenti delle atlete e comprendiamo che la presenza di un medico uomo possa essere scomoda per le atlete» si legge nella dichiarazione scritta in risposta a una richiesta dell’Agenzia di Stampa Tedesca. «La FIS riconosce questo feedback costruttivo e si impegna a offrire alle atlete l’opportunità di essere visitate da un medico donna in futuro

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