Biathlon | 26 ottobre 2023, 12:30

Biathlon - Alle porte della nuova stagione, Dorothea Wierer ripercorre la sua lunga carriera: "Tanto più duramente lavori, tanto più sarai fortunato"

credits - Dmytro Yevenko

credits - Dmytro Yevenko

È attualmente la biatleta italiana più vincente di sempre, è stata la prima a portare nel nostro Paese la grande Sfera di Cristallo per la classifica generale di Coppa del Mondo e le sue vittorie iridate la classificano accanto a nomi che hanno fatto la storia delle discipline invernali in Italia. Eppure, nonostante una carriera incredibile costellata di successi, ancora oggi Dorothea Wierer è capace di mettersi in discussione come atleta e presentarsi ai blocchi di partenza con mille dubbi. 

Forse è questo il segreto del suo successo? Glielo hanno chiesto Hendrik e Ron, i conduttori del Podcast sul dedicato al biathlon “Extrarunde” che potete trovare (in lingua tedesca) su Spotify. Lei racchiude tutto nel motto: "Tanto più duramente lavori, tanto più sarai fortunato", ma forse c'è di più.

Noi lo abbiamo ascoltato per voi e oggi vi riproponiamo i momenti salienti di questa lunghissima intervista in cui Doro, alla vigilia della sua ormai 15esima stagione in Coppa del Mondo, va un viaggio nel viale dei ricordi e ripercorre la sua lunga carriera, partendo da quella lontana sprint di Oberhof nel 2009 quando ha debuttato in Coppa del Mondo, passando per i primi successi, le Olimpiadi, la consacrazione definitiva ma anche i momenti più difficili, sempre vissuti con grande serenità.

 

Gli esordi

«All’epoca (in Italia, ndr) eravamo pochissimi atleti e il livello non era così alto. Ricordo che quando si andava a punti, era già giusto festeggiare e tutti erano felicissimi perché eravamo una nazione così piccola con poche risorse, meno atleti e poca cultura, si sapeva poco di biathlon. In realtà non ho mai avuto la sensazione all’epoca di poter lottare per il podio o qualcosa del genere.»

Eppure per Wierer non passa molto tempo perché arrivino tutta una serie di successi, come il trionfo ai campionati mondiali juniores di Nove Mesto, dove conquista tutte le medaglie individuali a disposizione, la top ten nei Mondiali senior di Khanty-Mansiysk.

«Naturalmente ero davvero entusiasta dei miei successi e di tutto il resto, ma mi ricordo di più la festa di chiusura del Campionati Mondiali, a Khanty-Mansiysk, allora ero ancora più in vena di feste e non necessariamente in modalità atleta, ma è cambiato negli anni successivi. Non ho mai pensato che sarei stata davvero in grado di essere al top per un lungo periodo di tempo o di poter salire sul podio della Coppa del Mondo. In qualche modo era tutto così lontano da noi italiani, quindi forse l'ho vissuta diversamente, in modo molto più rilassato e senza aspettative, con poca pressione»

La prima vittoria 

«È stata una sorpresa in realtà, ma in qualche modo è venuta tutta da sola. Ho iniziato ad allenarmi davvero dal 2014, con le Olimpiadi di Sochi ho iniziato a prendere tutto un po' più sul serio e andavo meno alle feste. E poi è tutto venuto da sé, più velocemente di quanto pensassi, colpo dopo colpo. Nel 2012-13 era stato catastrofico, perché andavo alle feste nei weekend e tornavo a casa davvero alle 4:00 e poi mi svegliavo alle 11:00 e mi dicevo “Poi vado a sparare un po' al poligono” ma in realtà finiva lì e mi allenavo solo nei raduni con la squadra e poco a casa, non avevo alcuna motivazione.»

Le Olimpiadi

«Sochi mi è piaciuta molto, l'atmosfera era invernale, e c'era una cultura sportiva dietro e le montagne ed ero lì tutto il tempo nella mensa e guardavo solo gli atleti, c’era tanta curiosità ed è stato davvero bello mentre in Corea è stato traumatico per me, perché davvero non era tutto così bello. Il cibo non era buono, il tempo non era buono, le piste così così, era sempre brutalmente freddo e ventoso e gli alloggi erano orribili. Quindi sì, è stato un po' drammatico per me. Poi a Pyeonchang la pressione è stata diversa. Secondo i giornalisti è stata un'Olimpiade molto deludente per me, ma non mi aspettavo nulla, perché fino ad allora non avevo mai veramente partecipato a dei grandi eventi in maniera seria e non mi vedevo davvero come un'atleta in grado di vincere davvero tutto durante questi eventi. I giornalisti, che in realtà non capiscono molto del biathlon in Italia, poi alle Olimpiadi invece capiscono tutto, allora per loro sono stata una delusione perché non ho vinto una medaglia individuale e tu sei lì solo per quello»

Il biathlon in Italia

«Ora molte cose sono cambiate. Attraverso tutti i risultati, non solo miei, ma anche quelli di Dominik e Lukas. Ora i giovani si avvicinano al biathlon, vedo molto, molto più interesse, ovviamente è stato anche dispendioso, ricordo ancora all'inizio quando si è iniziato a parlare di biathlon andava tutto lentamente, bisognava sempre spiegare a tutti cos'è il biathlon in ogni show radiofonico o in televisione. E così è stata una specie maratona, per anni, in cui si è sempre detto solo la stessa cosa, in modo che si capisse davvero cosa sia il biathlon, o che esiste davvero, perché quando dicevamo biathlon, la maggior parte delle persone pensava “Ah sì il triathlon!”. Quindi ci sono voluti anni, ma ora lentamente stiamo andando nella direzione giusta»

Le grandi vittorie

Un anno dopo la “delusione” di Pyeongchang, arriva per Wierer la rivalsa: l’oro iridato nella Mass Start ai Mondiali di Östersund e la vittoria della Coppa del Mondo, l’una assieme all’amico di sempre, Dominik Windish, l’altra contro la compagna di squadra e rivale della stagione, Lisa Vittozzi.

«Sì, è stato completamente sorprendente, perché ovviamente c'era pressione e non ho fatto la staffetta femminile perché non ero in buona salute. Ho iniziato la gara non avendo aspettative, quindi mi sono detta "OK, cerco di finire la gara in qualche modo" e poi ovviamente c'erano condizioni estreme di vento. Poi il tiro in realtà ha funzionato molto bene, si è visto anche nei tempi di rilascio colpi, ma davvero sorprendente e ancora più incredibile è stato Dominik. Ricordo che ero nell'appartamento a asciugare i capelli e poi sì, è stata una giornata fantastica per noi, per il nostro team.»

«L'intera squadra era un po' tesa, perché era una situazione completamente nuova per tutti, perché non siamo mai stati in una situazione del genere, e questo è in realtà positivo, perché significa che tutti hanno fatto una stagione molto buona. C’è stata una pressione indesiderata, anche nel subconscio. In realtà non mi aspettavo molto, perché alla fine della stagione mi sento sempre senza energia, e poi è andata comunque bene per me. Non me lo aspettavo, ma è stato fantastico. Forse aver vinto il titolo mondiale mi ha liberata e mi ha aiutata ad avere meno pressione. Alla fine sei solo con te stesso, cerchi solo di affrontare gara per gara, di concentrarti su te stesso, e sai, l'inverno è lunghissimo e poi hai fasi buone e fasi cattive. Devi comunque sperare di essere in salute. Ovviamente dipende sempre da ogni singolo individuo, ma noi (Wierer e Vittozzi, ndr) abbiamo cercato di comportarci normalmente e così anche gli allenatori. Forse avrete notato che in generale tutto era un po' più teso, ma finiva lì. Poi si deve cercare di affrontare questa situazione nel modo migliore, non pensandoci troppo, lo sport è sport e poi ci sono anche molte altre cose. In realtà ero un po' triste per questa situazione, ma ora non ci penso nemmeno. Cerco solo di fare le mie cose e concentrarmi su me stessa e poi ho davvero avuto persone buone nell'ambiente con cui parlare e penso che sia importante farlo.»

Nella stagione successiva, la storia di ripete: all’ultima gara (il Covid aveva costretto gli organizzatori ha chiudere la Coppa de Mondo in anticipo) Wierer si trova a giocarsi il titolo nell’Inseguimento di Kontiolahti contro Tiril Eckhoff, dopo il grande exploit del Mondiale in casa. Lì, sull’ultima salita, si trova a combattere con le norvegesi e all’arrivo, con la vittoria della classifica generale a favore dell’italiana, scattano le polemiche.

«Eravamo tutti sotto pressione. Tutti … gli allenatori, gli atleti … è stato così stretto, l'ultimo giro. L’ultima salita era un vero caos e poi era così stretta e Ingrid (Tandrevold), mi ha preso una volta sul bastone e poi ho pensato “OK, lei non vuole manipolare in alcun modo”, ma in quel momento l'ho interpretato solo in quel modo, perché sei così sotto pressione in un'ultima gara dove si decide tutto. Arrivata al traguardo in realtà non sapevo nemmeno chi avesse vinto, perché in realtà (Eckhoff) era arrivata al traguardo prima di me. E sì, non sapevo nemmeno di quanti punti avevamo bisogno per vincere io o lei. E poi il mio allenatore mi ha detto che avevo vinto. È stato riportato che (Tandrevold) ha calpestato gli sci o qualcosa del genere, ma i media e i giornalisti vogliono sempre avere tensione per avere qualcosa di cui scrivere, ma l'ultima salita di Kontiolahti, è così ripida e non puoi quasi sorpassare e tutto è mega stretto. In generale, l'ultimo giro poi tutti impazziscono perché vogliono arrivare al traguardo prima di un altro.»

Le stagioni più difficili

«La stagione dei mondiali di Pokljuka non sono andata bene per tutta la stagione. Non sono stata male, ma non mi sono mai sentita molto bene. Mi sono allenata molto in estate, poi tutti gli appuntamenti e così via e la ripresa non è sempre così facile e dovresti fermarti. Anche se hai i giorni di riposo, spesso li passi seduto in macchina da un appuntamento all'altro e alla fine diventa un po’ troppo e di solito si paga un po' di più in inverno.»

«Le Olimpiadi sono andate bene, ma non ho grandi ricordi. Ero sollevata di aver finalmente ottenuto una medaglia, perché c'era di nuovo la stampa che la voleva assolutamente e naturalmente l'avevano data per scontata, anche se non sanno nemmeno come funziona, corrono e sparano, ma poi… ai grandi eventi devi essere in qualche modo fortunato ed essere in forma al momento giusto.»

Il tiro

«Sono sempre stata veloce, ma ora non chiudo così in fretta perché ho paura di sbagliare, perché negli ultimi anni è diventato così estremo che devi davvero trovare lo 0. A meno che non ti chiami Johannes Boe. Sì, allora puoi anche fare 2 o 3 errori. Invece se noi atleti normali andiamo nel giro di penalità, non si ha quasi più alcuna possibilità per il podio. Quindi lo 0 è importante e a volte è meglio sparare e colpire forse 2 secondi più lentamente, prima invece c’erano più margini di manovra. Comunque in realtà non arrivi in piazzola e dici “OK, ora devo sparare così e così", in realtà tutto succede in modo automatico, ad eccezione di quanto è successo a Östersund (Mass Start 2021) ma lì ho pensato “Ora aspetto e combatto per ogni colpo” poi è venuto sempre più vento e ho pensato “oh m*rda” e poi ero improvvisamente congelata quindi il mio dito voleva solo premere. Non so quanti minuti ho continuato a sparare e ho fatto giri di penalità e mi sono davvero vergognata nel giro finale.»

Il futuro

«Con tutti gli atleti con cui ho parlato e che si sono ritirati mi hanno detto che lo senti, lo senti quando è il momento. Quindi sto aspettando quella sensazione, ma anche ora sto cercando di non pensare alla stagione, né dire “ok ora mi fermo” perché in qualche modo non lo voglio, perché penso che se decidessi, forse perderei un po' di energia e così via o non sarei concentrata al 100%. L'anno scorso mi è successo a Oberhof alla partenza e mi sono detta “Che ci faccio qui? Oh mio Dio, concentrati, ora hai una gara” e poi non è andata così bene, ma questi sono solo pensieri che non puoi controllare e quindi penso che sia più importante che io mi concentri solo sul qui e ora e non troppo sul futuro.»

Federica Trozzi

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