Biathlon | 12 febbraio 2024, 16:35

Biathlon - Eric Perrot: "Norvegia di un altro pianeta, ma le cose nel nostro sport cambiano in fretta"

photo credits - Dmytro Yevenko

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NOVE MESTO – Nella Vysocina Arena di Nove Mesto dove in questi giorni si stanno svolgendo i Campionati del Mondo di sci, oltre alle gare c’è anche spazio per eventi collaterali alla competizione, come ad esempio quello che si è svolto questa mattina, organizzato da Salomon, per presentare dei nuovi prodotti. A margine evento organizzato dall’azienda francese, Fondo Italia ha avuto l’opportunità di intervista Eric Perrot, neo-campione del mondo nella Staffetta mista, invitato all’evento del suo sponsor tecnico.

Si parte subito ripercorrendo la gara che gli ha regalato la prima medaglia iridata, per capire quanto aver coperto i bersagli nella propria frazione mentre Tarjei Boe e altri erano imprecisi al poligono abbia fatto la differenza sull’esito della gara.

«Penso che sia un di più, è stato un lavoro di squadra, abbiamo fatto un ottimo lavoro come squadra maschile nella prima metà è la squadra femminile è stata incredibile nella seconda metà della staffetta come anche in tutto questo campionato mondiale finora, è stato pazzesco lavorare passo dopo passo, dalla prima frazione all’ultima, ma sicuramente sono contento di aver battuto il norvegese nella mia frazione»

Bocca cucita però sull’opportunità che possa essere scelto per gareggiare nella Staffetta singola mista.

«Far parte della Staffetta mista era una cosa a cui pensavo e che sognavo, ma avere questa opportunità è stato comunque incredibile, e sono felice di averla colta e che abbiamo fatto un buon lavoro. Non so se ancora se correrò la Single Mixed, sarà una decisione dei coach insieme a me, ci sono ancora tre giorni. Prima pensiamo a riposare e poi vedremo»

Il 22enne francese, che ha origini norvegesi grazie alla mamma, Tone Marit Oftedal, campionessa del mondo junior proprio come suo padre Franck Perrot, affronta anche la supremazia che in questo momento caratterizza la squadra norvegese maschile, a differenza di quanto accade al femminile dove le donne norvegesi non ottengono gli stessi risultati.

«Penso sia una questione culturale in Norvegia, tantissima gente pratica lo sci di fondo o il biathlon mentre in Francia anche, abbiamo un interesse incredibile per quanto riguarda il biathlon ma non ai livelli della Norvegia. Al momento con squadra maschile stiamo avendo un po’ di difficoltà, ma penso che se continueremo a lavorare bene troveremo una strada per ottenere di nuovo buoni risultati, ma in questo momento i ragazzi norvegesi sono proprio di un altro pianeta. Nel biathlon le che cambiano in fretta e sono sicuro che nei prossimi anni non sarà più così. Certamente non abbiamo lo stesso budget all’inizio della stagione, probabilmente hanno un budget 10 volte superiore al nostro, questa è la realtà dei fatti. Ma noi ci concentriamo sul fare le gare e fare il nostro biathlon, non cerchiamo scuse, vogliamo solo gareggiare e migliorarci in pista»

A proposito delle sue origini, chissà se nella sua “precocità” agonistica, il suo “lato norvegese” lo ha aiutato a bruciare le tappe, passando in soli 3 anni dal comitato alla squadra A francese. E c’è qualcuno che si sbilancia e già lo paragona a Martin Fourcade.

«Difficile dire quale parte di me sia più francese e quale più norvegese, ci sono sempre entrambe le parti suppongo. Già una tv norvegese mi ha fatto questa domanda ed è stato difficile rispondere, lo ammetto, penso che la parte norvegese sia quella positiva e che ha fiducia in sé, forse quella francese è più aggressiva e combattiva. Nuovo Martin Fourcade? Vorrei esserlo senza dubbio, ma mi va bene essere anche il nuovo biatleta Eric Perrot, sarebbe bello lo stesso. Naturalmente ero un suo fan, era incredibile vedere in tv quello che faceva»

Nel frattempo però, dopo la prima medaglia ottenuta nella staffetta mista, la squadra maschile francese non ha raccolto risultati nelle prime due gare individuali, anche se Perrot è stato vicinissimo ad ottenere il bronzo nella sprint di sabato, chiudendo 4° alle spalle di Christiansen. Una netta differenza dalle loro compagne della squadra femminile.

«Naturalmente sono un po’ deluso per la gara di sabato perché volevo una medaglia, ma so com’è il biathlon ed è difficile specialmente nelle gare maschile dove c’è molta concorrenza e molti atleti fortissimi quindi per avere una possibilità devo essere al meglio delle mie capacità e ieri non è andata così. Naturalmente il mood è buono, perché le ragazze stanno facendo performance pazzesche e non vogliamo entrare in questa dinamica. Certo per la squadra maschile c’è delusione ma sappiamo di star facendo del nostro meglio e questa è la cosa più importante nello sport.»

A 22 anni è spesso considerato – e lui stesso lo ha spesso ripetuto, anche nella conferenza stampa dopo la Staffetta Mista – di essere il “bambino” della squadra. Chissà se questa sensazione è cambiata dopo il risultato importante ottenuto in apertura dei Mondiali.

«Sono nella squadra francese da due anni ormai ma sono uno che impiega tempo ad essere parte del team e ho avuto bisogno di questi due anni per sentirmi parte del gruppo e sentire che sono in grado di combattere nello stesso mondo in cui lo fanno gli altri e avere la possibilità di battermi anche con i miei compagni e avere una sorta di rivalità con loro, ma sono comunque ancora un “bambino” e questo porta energia fresca, e la userò per migliorarmi nel futuro»

Essendo così giovane, è altamente probabile che il 22enne francese possa rendersi protagonista delle Olimpiadi in Francia nel 2030.

«È pazzesco, non riesco ad immaginarmelo perché sembra così irreale, aspetto la decisione finale per essere sicuro al 100% ma penso che siano sulla giusta strada. Se così sarà, diventerebbe l’obiettivo principale della mia carriera.»

Nel corso dell’evento Salomon è stata la possibilità di testare i prodotti dell’azienda e qualcuno ha chiesto la francese di dare qualche consiglio per andare più veloce sugli sci visto quando è sembrato a suo agio in pista.

«Dipende della neve, se la neve è compatta allora è abbastanza facile e ci si sente stabili con gli stivali e gli sci Salomon, ma se la neve è molle allora bisogna essere pazienti e lasciare che gli sci vadano nella neve, come è successo a me ieri, lasciarli andare da soli in un certo senso, senza spingere troppo forte perché a quel punto rischi di sprofondare. Nove Mesto è un tracciato difficile come tutte gli altri, ogni pista è difficile quando vai al 100% come facciamo noi ed è difficile anche perché all’inizio della gara gli sci vanno molto veloci, e questo fino al secondo/terzo giro quando iniziano a rovinarsi per via della cera che si consuma. A quel punto diventa difficile perché si è stanchi e si va più lenti, ma è la stessa cosa per tutti»

A proposito di Nove Mesto: molti atleti hanno avuto da ridire sul tifo in Repubblica Ceca che rende difficile anche sentire le istruzioni e le informazioni da parte degli allenatori per via del boato che c’è durante le gare.

«In effetti è difficile, ma in Francia siamo abituati perché succede la stessa cosa con il pubblico. Credo che qui siamo nello stadio di biathlon più grande e le tribune sono così grandi e la folla così rumorosa che quando entriamo al poligono facciamo fatica a sentire il nostro respiro. È un’atmosfera assurda ma è quello che amiamo nel biathlon.»

Infine, gli chiediamo una domanda su quella che è la “nouvelle vague”, la nuova generazione del biathlon mondiale, di cui lui fa parte, visto che ha un bel legame proprio con il nostro azzurro Didier Bionaz.

«Penso che il biathlon sia come una piccola famiglia e siamo tutti in ottimi rapporti l’uno con l’altro specialmente noi giovani perché è un’esperienza tutta nuova per noi, con nuovi circuiti, nuove gare da affrontare e siccome vogliamo “fare fuori” i più “vecchi” dobbiamo farci forza»

Giorgio Capodaglio, Federica Trozzi

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