Home > Notizie
Sci di fondo

Sci di fondo – Luca Del Fabbro, il triste ritiro di un potenziale campione che deve far riflettere tutto il movimento

Fa male, fa tanto male. Inutile provare a dire il contrario oppure far finta di nulla. Il ritiro, non proprio volontario da ciò che abbiamo percepito, di Luca Del Fabbro è un avvenimento triste nello sci di fondo italiano e allo stesso tempo rappresenta anche un segnale che non va sottovalutato.

Il friulano è stato per anni una delle speranze del movimento azzurro, ottenendo risultati di altissimo livello in campo nazionale e presto anche internazionale. Nella grande ricerca del fenomeno, tipica del nostro paese, Del Fabbro si è trovato subito ad essere etichettato come il futuro , con i corpi sportivi a litigarselo tra loro, quando era ancora giovanissimo, troppo giovane.

Bello da vedere sugli sci, una tecnica perfetta, frutto degli insegnamenti del suo allenatore Mirco Romanin in quel di Forni Avoltri, ma anche del papà Andrea Del Fabbro, anch’egli ex fondista e un modello per la tecnica del figlio. Uno stile in classico bellissimo, elegante, armonioso, quasi musicale, ma soprattutto efficiente, che ha permesso a Luca Del Fabbro di scalare le classifiche ed essere sempre ai vertici a livello giovanile.

Arruolato presto, tanto presto, Luca Del Fabbro ha primeggiato anche da Juniores, lottando con Lapalus, Chappaz, Brugger, Moch, Cyril Fähndrich, ovviamente l’amico Davide Graz, Schely, lo stesso Vermeulen, passato tardi al fondo, fino al momento che sembrava lanciarlo: il successo nella 30 km mass start a classico del Mondiale Juniores di Lahti del 2019.

Sullo stesso rettilineo dove, due anni prima, Federico Pellegrino regalava all’Italia l’oro mondiale assoluto nella sprint, Del Fabbro si impose davanti al norvegese Moseby e proprio allo svizzero Fähndrich. In una gara nella quale Gus Schumacher chiuse quarto, Poromaa nono, Andersen undicesimo, Chappaz 14°, Moch solo 18°.

L’esordio in Coppa del Mondo doveva arrivare da lì a poco, ma un malanno di stagione purtroppo fermò Del Fabbro alla vigilia della tappa di Cogne, non permettendogli così di giocarsi le sue carte per il Mondiale Assoluto di Seefeld. Una slinding door? Forse, ma non avrebbe dovuto essere così.

Sembrava solo una questione di tempo, invece qualcosa non è andato per il meglio. Uscito dalla categoria juniores ed entrato nelle squadre senior, Del Fabbro ha iniziato a fare fatica, facendo dei passi indietro, sembrando in difficoltà fisica, ma soprattutto a volte apparendo quasi sfiduciato.

I risultati non sono arrivati, a volte anche per sfortuna e a causa di infortuni che lo hanno frenato. Del Fabbro è sempre stato a un passo dalla qualificazione, ma mai è riuscito poi a ottenere il pass per la Coppa del Mondo, dove incredibilmente non ha mai fatto il suo esordio.

Difficile dire cosa non sia andato. Ma è una domanda che tutto l’ambiente dello sci di fondo italiano dovrebbe porsi. Ognuno dovrebbe chiedersi: “cosa abbiamo sbagliato?” Anzi: “cosa ho sbagliato?

Del Fabbro ha da sempre vissuto per lo sci di fondo, appassionato e determinato come pochi. È stato fatto di tutto, nel momento in cui è passato a senior, per riuscire a farlo rendere al meglio? Hanno navigato tutti dalla stessa parte, mettendo Luca al centro del progetto, anziché seguire ognuno le proprie idee, come troppo spesso accade nel nostro sci di fondo, sentendosi proprietari della verità assoluta?

Sicuramente c’è chi punterà il dito sull’atleta stesso, che magari qualche errore lo avrà anche commesso come tutti, chi attaccherà un allenatore, chi un altro, chi punterà il dito sul corpo sportivo di riferimento. Non sappiamo dove sia la verità, ma ci auguriamo che ognuno, facendosi un bagno di umiltà, possa chiedersi: “io ho fatto bene? Potrei aver sbagliato?”

Certamente resta la tristezza di un ambiente dello sci di fondo, dove a un atleta viene messo alla porta ad appena 25 anni, perché non ha ancora esordito in Coppa del Mondo, nonostante da gennaio in poi si vedessero degli evidenti progressi da parte sua.

Si fa la corsa ad accaparrarsi il giovane più forte, il baby fenomeno quando non è nemmeno vicino alla maggiore età, si litiga quasi per averlo, per poi abbandonarlo e rottamarlo presto, quando sembra già vecchio, ma ha in realtà ancora solo 25 anni!

Uno in sostituzione dell’altro, un ex baby fenomeno sostituito da un nuovo baby fenomeno, per un sistema Italia che, non solo nello sci di fondo, prima frena i giovani, cercando di non lanciarli troppo presto “per tutelarli”, ma poi concede loro pochissimo tempo per emergere una volta arrivati in categoria senior. E forse, fa bene chi, in altre discipline, vuole saltare le tappe e va all’estero, per poi ritrovarsi tutti in ginocchio richiedendone il ritorno.

Ma soprattutto bisognerebbe iniziare a porsi delle domande serie. Cosa c’è che non va? Perché i giovani azzurri che vincono a livello giovanile fanno troppa fatica ad emergere e spesso finiscono per perdersi?

Andiamo indietro nel tempo. Tra Mondiali di Erzurum 2012 e Liberec 2013, Debora Agreiter conquistò tre medaglie ai Mondiali Under 23, per poi ritirarsi presto. In Repubblica Ceca, per fortuna, arrivò invece l’oro Under 23 di Pellegrino e il resto è storia.
Tra Val di Fiemme 2014 e Almaty 2015 arrivarono tre medaglie di Giulia Stürz sempre Under 23, ma anche la trentina si è ritirata giovanissima. Stessa sorte, ma a causa di problemi fisici, per Francesca Baudin, medaglia d’oro in Kazakhstan.

A Rasnov nel 2016 ci fu il bronzo di Giacomo Gabrielli nella sprint vinta da Johannes Klæbo. Il trentino ha lottato con i denti per anni e solo lo scorso anno è riuscito finalmente a togliersi le sue soddisfazioni anche in Coppa del Mondo. In questo caso gli è stato fortunatamente consentito di andare avanti.

A Park City nel 2017 arrivò lo splendido argento del quartetto femminile nella staffetta: Martina Bellini, Anna Comarella, Francesca Franchi e Cristina Pittin. Nessuna è riuscita fin qui a raggiungere il massimo del proprio potenziale. Sia chiaro, c’entrano anche problemi fisici, ma in alcuni casi si è percepito in alcune di queste atlete anche una perdita di entusiasmo nel corso degli anni. Dovuta a cosa?

Di Del Fabbro nel 2019 abbiamo appena scritto, mentre nel 2020 a Oberwiesenthal arrivarono le medaglie di Graz nell’individuale e del quartetto maschile con Graz, Ticcò, Gasperi e uno splendido Manzoni. Gli ultimi due si sono già ritirati. Nella stessa edizione arrivò ci fu l’argento nella sprint Under 23 di Armellini, che dopo essersi ritirato, ha ripreso da poco a gareggiare fuori dai corpi sportivi, e del quartetto Comarella, Franchi, Daprà e Coradazzi nella staffetta mista.

Ci fermiamo qui, perché le edizioni successive sono troppo recenti e ci auguriamo che qualcosa cambi in futuro. Ma è evidente che in questi anni c’è stato e forse c’è ancora qualcosa nel movimento azzurro che non aiuta questi atleti ad esprimersi al meglio una volta usciti dalla categoria juniores. Forse è il sistema stesso ad essere vecchio? Cosa si può cambiare?

Questa è un’altra grande domanda da porsi oggi, per poi lavorare al meglio dal 2026 in poi, quando superate le Olimpiadi casalinghe si dovrà iniziare a guardare al futuro con grande attenzione, rendendosi conto che i tempi sono cambiati e lo sport di oggi non è quello di trent’anni fa. Non parliamo di tecniche di allenamento, ma di tanto altro.

Ci teniamo però a sottolineare una cosa. Troppe volte sentiamo quel vociare all’interno del litigioso sci di fondo italiano, nel quale ora ogni problematica si giustifica con la frase “è colpa del tedesco” con riferimento a Markus Cramer. Invece bisognerebbe imparare a fare una maggiore autocritica, perché “il tedesco”, come viene chiamato da alcuni malignamente, si è trovato ad ereditare una situazione sicuramente precaria, figlia di problematiche precedenti, cercando di raddrizzare la barca e di tirare fuori il meglio possibile con il materiale a disposizione. Certo, alcuni appunti possono essere fatti, e lo abbiamo anche fatto nel corso dell’anno, trovando anche sempre grande disponibilità al dialogo da parte dell’allenatore tedesco.

Ma non esiste un capro espiatorio, non c’è un colpevole. Che ognuno si ponga la domanda e guardi con umiltà dentro sé stesso chiedendosi cosa e dove possa aver sbagliato. Lo sta facendo anche chi scrive questo articolo, perché evidentemente certe cose andavano scritte prima.

Share:

Ti potrebbe interessare

Image
Image
Image