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Sci di fondo

Sci di fondo – L’allenatore della nazionale juniores Stefano Corradini: “Staff tecnico affiatato e atleta al centro del progetto per fare la differenza”

Foto credits: Fondo Italia

Per la terza stagione consecutiva, Stefano Corradini guida la nazionale italiana juniores al fianco di Matteo Betta. Una coppia che, coadiuvata dall’ottimo lavoro di Fabio Pasini, sta raccogliendo risultati molto positivi.

L’allenatore trentino delle Fiamme Gialle vanta una grande esperienza a livello giovanile, avendo guidato a lungo la squadra di fondo del Comitato Trentino, dalla quale sono usciti tanti atleti che compongono oggi le nazionali azzurre. Ciò gli permette di capire i giovani, sapere quando essere più severo e quando, invece, lasciare sfogare la tipica esuberanza di chi si trova alle porte dei vent’anni.

Incontriamo Corradini a Barrea, durante l’ultimo giorno di raduno del gruppo azzurro in Abruzzo. Mentre alcuni atleti prendono il sole nella spiaggetta di fronte al bellissimo lago abruzzese ed altri stanno riposando in camera, l’allenatore trova tempo da dedicarci, fermandosi a parlare con noi davanti l’alloggio che ospita la squadra.

Come è andato questo inizio di preparazione?

«È sempre importante riuscire a trasmettere agli atleti gli stimoli giusti per ripartire dopo la pausa estiva. Nel caso degli atleti di questa età, le cose sono più complicate a causa degli impegni scolastici che dobbiamo considerare e mettere in calendario. Siamo però riusciti a far partire la preparazione il prima possibile e ci è stato utile per creare immediatamente un buon feeling con gli atleti».

La squadra è profondamente rinnovata, con ben 7 innesti rispetto allo scorso anno. Come si sono inseriti i nuovi elementi?

«Molto bene, anche perché conoscevamo già gli atleti e le atlete che fanno parte della squadra, avendo avuto modo di lavorare con loro in altri eventi oppure seguendoli con attenzione nelle gare di Coppa Italia. Osserviamo sempre con molta attenzione coloro che per risultati danno l’impressione di avere ottime opportunità di entrare in squadra. Vedo che il gruppo è già molto affiatato, ma non avevo dubbi, in quanto anche tra loro si conoscevano tutti. Sono tanto motivati, entusiasti di far parte della squadra».

Anche voi dello staff tecnico siete un gruppo molto affiatato, lavorando assieme già da tre anni. Quanto è importante avere questa continuità?

«È la nostra forza. Io e Matteo (Betta, ndr) abbiamo una bella sinergia, seguiamo tanto gli atleti sull’aspetto della programmazione e tutte le tipiche cose che deve fare un allenatore. Abbiamo al nostro fianco Fabio (Pasini, ndr) che è una presenza fondamentale come supporto a noi e agli atleti, perché è sempre presente in tutti gli allenamenti, li segue e trasmette loro la sua esperienza recente da atleta. Con Paolo (Rivero, ndr), c’è un bel feeling e ci dà tanta carta bianca, in quanto siamo sulla stessa lunghezza d’onda e non servono tante parole».

Entriamo nello specifico del gruppo, che vede ben sette uomini e quattro donne.

«È un gruppo leggermente sbilanciato sulla parte maschile, ma abbiamo inserito ragazzi che già nella passata stagione hanno dimostrato di avere dei grossi numeri. Per esempio, i 2006 Ferrari e Romano li avevamo già portati in tante gare di FESA Cup, perché a livello nazionale avevano dimostrato di non valere meno degli altri. Era quindi giusto entrassero a far parte della squadra nazionale. Abbiamo poi inserito i due giovani 2007, Pedranzini e Pietroboni, che hanno dimostrato di avere un grandissimo valore. Il primo ha fatto un numero strepitoso agli Eyof della passata stagione, il secondo ha stupito tutti facendo anche lui veramente tanto bene.
Per quanto riguarda le ragazze, del gruppo della passata stagione è rimasta la sola Schwitzer, che quest’anno sembra molto maturata, ci ha colpito molto come si sta allenando e comportando. Siamo contenti di vederla così. Le tre nuove entrate, Milani, Cagnati e Bellotti, si conoscevano già essendo pari età, quindi che si è subito creato affiatamento. Con Marie che fa da traino, le tre giovani si stanno inserendo bene e siamo contenti».

Anche perché in questi due anni avete fatto un bel lavoro al femminile. Al di là di Maria Gismondi, entrata già in top ten in Coppa del Mondo, sono stati evidenti i miglioramenti avuti da Beatrice Laurent e Marit Folie.

«È stato molto utile creare una squadra unità, facendo lavorare le ragazze insieme ai maschi, dando così uno stimolo a tutti. Inoltre, vogliamo sempre avere un atleta che faccia da traino, perché riteniamo sia fondamentale in un gruppo. Fortunatamente in questi due anni abbiamo sempre avuto chi trainasse le altre, stimolandole. Ogni tanto, scherzando con Matteo Betta, assegniamo le fasce di capitano. Quest’anno speriamo che sia Schwitzer a far salire il livello delle più giovani. Siamo molto fiduciosi».

Lei ha guidato a lungo il Comitato Trentino e tanti degli atleti che ha allenato in passato sono oggi nelle nazionali maggiori, in corsa per un posto alle Olimpiadi. Pensandoci, prova qualche emozione particolare?

«Si, mi emoziono sempre quando gli atleti che ho seguito da giovani ottengono poi risultati. Eppure una delle più grandi soddisfazioni per un allenatore non è legata al risultato, ma penso sia proprio la capacità di mantenere un rapporto. Un legame che ovviamente non è più tecnico, perché non entro nello specifico dei programmi essendo seguiti da altri professionisti. Sono però tanto felice, quando qualcuno di loro ottiene un bel risultato e mi scrive. Per me è una grande soddisfazione. A distanza di anni, alcuni di loro vengono a trovarmi a casa o mi chiamano. Credo che questo sia il più grande risultato per un allenatore, riuscire a mantenere questo rapporto con gli atleti che hai seguito. Al di là della parte tecnica e del risultato, penso sia proprio la parte umana il motore che spinge un allenatore a continuare».

Immagino che sia anche bello sentirsi una tessera nel puzzle della carriera di un atleta.

«Credo ogni allenatore porti qualcosa di suo alla carriera di un atleta. Sono felice di aver contribuito alla crescita sia sportiva sia umana di questi atleti. Ogni allenatore deve ricordare che al centro va posto sempre l’atleta, anziché mettere sé stesso e la propria gloria personale. Solo in questa maniera si possono ottenere risultati positivi».  

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