Nello sci di fondo, l’estate non è soltanto un periodo da dedicare all’allenamento e alla costruzione delle prestazioni per l’inverno, ma – per chi si occupa degli aspetti formali e organizzativi delle competizioni internazionali – è il momento migliore per riflettere sullo stato della disciplina e sui possibili sviluppi e orizzonti futuri che si potrebbero configurare. E così, dalla Norvegia emerge una tematica sempre più attuale e cruciale: che fine farà la tecnica classica?
La direzione intrapresa dallo sci di fondo contemporaneo sembra non riuscire a tutelare la tecnica madre della disciplina, la prima venuta alla luce e quindi anche la più rappresentativa e tradizionale. Con la tendenza a prediligere un utilizzo sempre più marcato della scivolata spinta ai massimi livelli, a scapito del passo alternato nonostante l’introduzione delle cosiddette “technic zones”, la tecnica classica sembra avviarsi verso un lento declino che potrebbe anche portare in un futuro non troppo lontano alla scomparsa della tecnica, in favore dello skating. Una tendenza che trova in grande disaccordo i tradizionalisti dello sci di fondo, nonché gli amanti dei format di gara più puri e nostalgici.
Non appare ottimista Vegard Ulvang, ex stella della Norvegia del fondo e per anni a capo del comitato sci di fondo della FIS, il quale non usa mezzi termini nell’esprimersi su questo tema ai microfoni del podcast Skiklubben: “Nel lungo periodo, la tecnica classica è un vicolo cieco. Morirà, purtroppo è destinata a morire”. Come verrà sostituita? Ulvang non crede nell’immediata transizione verso il solo pattinaggio, bensì nel passaggio attraverso la tecnica libera, ovvero il tipo di specialità che permette, a discrezione degli atleti, di gareggiare sia in tecnica classica, che a skating. Ovviamente, per pura questione di efficacia e velocità, sarebbe sempre lo skating a prevalere, soprattutto nell’agonismo più spinto. Insomma, un vero e proprio un vicolo cieco.
Di parere opposto è invece Anders Auckland, altra icona del passato del fondo norvegese, che dal canto suo vede nelle granfondo e in circuiti come quello dello Ski Classics il terreno migliore per preservare la tecnica classica: “Vedo una rinascita delle classiche e dell’interesse per le gare su lunga distanza, come Marcialonga, Vasaloppet, Birkebeinerrennet”. Tuttavia, non va dimenticata la tendenza, sempre più marcata, anche in questi circuiti ad adottare l’utilizzo della scivolata spinta per quasi tutta la durata della gara, come succede da molti anni alla Marcialonga. Una circostanza che di certo non fa bene al passo alternato, messo sempre più all’angolo dall’affermarsi del double poling.
Ecco perché anche l’opinionista norvegese Petter Skinstad crede che la tecnica classica sia a lungo termine destinata al declino, come già avvenuto da tempo in altre discipline sorelle dello sci di fondo: “Purtroppo, Vegard ha probabilmente ragione. È irrealistico credere che lo sci di fondo non si muoverà a lungo termine nella stessa direzione del biathlon e della combinata nordica, dove molti anni fa hanno eliminato la tecnica classica e optato per l’alternativa più veloce. Il double poling è una tendenza che purtroppo contribuisce alla morte della tecnica classica, temo. E man mano ci si allontana sempre di più da quello che lo sci sta cercando di preservare”.
Tenendo ben in considerazione i pro e i contro che una scomparsa della tecnica classica potrebbero comportare in termini di visibilità, variabilità dell’immagine del prodotto ed eterogeneità delle caratteristiche degli atleti, si giunge infine a una riflessione necessaria. “L’ironia è che coloro che vogliono preservare la tecnica classica – che senza dubbio sono quelli che ne traggono maggior beneficio – sono apparentemente gli stessi che stanno contribuendo a stroncarla”, aggiunge Skinstad con riferimento alla tendenza al double poling sempre più ramificata nello Ski Classics, circuito che – in teoria – si ripropone di tutelare gli aspetti più classici della disciplina. “Questo potrebbe essere un aspetto da tenere a mente”, conclude il norvegese.
E così si affollano le ipotesi. Lasciar defluire lo sci di fondo verso un naturale passaggio allo skating? Variare i percorsi di gara in modo da costringere, con maggiori salite, all’utilizzo della sciolina di tenuta? Aumentare il numero di technic zones? Creare due discipline separate e distinte secondo le due tecniche? E ancora: come approcciarsi alla tendenza a “correre” in salita (Klæbo docet) invece di far scivolare gli sci? Come integrare la crescita esponenziale dei circuiti Ski Classics (e di tutte le particolarità che li contraddistinguono) con la Coppa del Mondo?
Ma soprattutto: come salvare la spettacolarità e l’indiscusso valore della tecnica classica?