Circa 24 ore sono state necessarie per confermare la notizia che nessuno, appassionato o meno del biathlon, avrebbe mai voluto ricevere. In modi più diversi, atleti, tecnici, tifosi e semplici appassionati, si raccolgono ciascuno nel più profondo dolore, a modo suo, e piange una delle stelle più luminose nel firmamento del biathlon. Laura Dahlmeier, leggenda tedesca ma amata davvero in tutti gli angoli del mondo, lascia un vuoto profondo che non ha a che fare solo con i suoi straordinari risultati, ma anche e soprattutto per la straordinaria forza di volontà e la sua umanità fuori dal comune con cui ha saputo conquistare i cuori di tutti oltre le bandiere e l’appartenenza.
Due medaglie d’oro e una medaglia di bronzo olimpiche, 15 medaglie ai Campionati del mondo, di cui ben sette d’ori, 50 podi individuali in carriera, una Coppa del mondo generale nel 2017 e due Coppe di Specialità: questi sono i numeri che hanno reso Dahlmeier un’indimenticabile e impressionante biathleta, che ha lasciato le scene della disciplina nel 2019, a soli 25 anni. I numeri però non possono e non riescono a raccontare tutto, non bastano. Perché Dahlmeier era molto più di una macchina da podi: era passione, determinazione e rispetto assoluto per lo sport.
Come suggerisce il ricordo che emerge da tanti che l’hanno sconosciuta come compagna di squadra e come avversaria, era fuori dalle piste che Laura conquistava definitivamente: oltre la precisione al poligono, oltre la velocità sugli sci; il suo sorriso pacato, la sua limpidezza, persino il coraggio nel lasciare nel pieno del successo, per ascoltare sé stessa erano la personificazione dei valori più alti dello sport. Una scelta di coerenza, quella fatta nel 2019, che racconta di una persona, oltre l’atleta, mai appagata, sempre alla ricerca di sfide per sé stessa, sempre fuori dalla comfort zone.
Nativa di Garmisch-Partenkirchen, terra di sport invernali e campioni, Dahlmeier ha messo in mostra il suo grande talento e i risultati che di lì a poco sarebbero arrivati tra i “big” della disciplina, fin dal giovane. Già nel 2013, in occasione dei Mondiali Junior di Obertilliach, preconizzava un feeling particolare con le località austriache che si concretizzerà negli anni a venire. In occasione della kermesse iridata giovanile, la piccola Laura, ancora 19enne, mise al collo l’oro nell’individuale, nella staffetta e nello sprint, e una medaglia d’argento nell’inseguimento. È nella sprint però che ruba l’occhio a tutti gli esperti, sbaragliando la concorrenza tanto al tiro quanto sugli sci, precedendo di 48 secondi la seconda classificata Olga Podchufarova; con il senno di poi, è quello che fa contro Lisa Theresa Hauser e Anais Chevalier-Bouchet, rispettivamente terza e quarta classificata, a sbalordire: come lei avevano trovato lo zero, ma le due sono al traguardo con un ritardo di quasi un minuto. Quelle prestazioni di Obertilliach l’hanno portata alla sua prima partenza in Coppa del Mondo, e fin da subito con nervi saldi ha messo la sua firma sulla staffetta, vincendo la propria frazione.
La carriera di Dahlmeier, fin dall’inizio carica di talento e promesse, non è stata però solo un lungo tappeto di rose e fiori verso il successo. In diverse occasioni, malattie e infortuni hanno significato per lei mancare l’appuntamento con il pettorale giallo quando già era nelle sue corde poterlo portare a casa a fine stagione assieme alla Coppa del Mondo. Eppure ogni volta è riuscita a sbaragliare anche le sue stesse previsioni, lavorando sodo e anticipando i tempi. Come in occasione della prima vittoria individuale, il 7 febbraio 2015, nella sprint di Nove Mesto na Moravě, dopo un infortunio estivo che sembrava aver messo un freno alle sue ambizioni per un podio per quella stagione e invece aveva portato in dote la crescita necessaria sugli sci per fare il paio con le sue sopraffine doti di tiratrice.
Quella prima vittoria fu il boost necessario a fare il passo avanti che le serviva: in quella stagione, già straordinaria per il suo recupero, sono arrivate anche le prime medaglie iridate. Le aspettative per la ragazza della Baviera, da sempre amante della montagna e delle sue vette più alte, schizzarono inevitabilmente alle stelle. E Dahlmeier fu in grado di soddisfarle tutte: cinque vittorie in stagione l’anno successivo e la prima medaglia d’oro individuale ai Mondiali di Oslo in un inseguimento assolutamente perfetto. Il tutto condito sempre con il solito rispetto per le avversarie e una grande modestia: in pubblico, anche se aveva grandi ambizioni, queste ultime erano sempre celare.
È però la stagione 2016-17 a consacrare il suo talento, che sembra potenzialmente illimitato. Prima di culminare l’inverno con la vittoria della Sfera di Cristallo generale, Dahlmeier è stata la stella indiscussa ai Mondiali di Hochfilzen, ribattezzata Lauraland, vincendo ben sei medaglie: cinque ori e un argento. Una serie di prestazioni straordinarie arrivata a soli 23 anni; poche atlete (tranne la connazionale Magdalena Neuner) sono riuscite a primeggiare in maniera così totalizzante in così giovane età.
È bastato quell’inverno, perfetto, nato sotto la buona stella della buona salute, a far esplodere definitivamente e sancire la leggenda che tutti, anche per chi ha approcciato il biathlon da poco, oggi associamo a Laura Dahlmeier. In un lasso di tempo brevissimo, solo quattro weekend di gara tra Anterselva, Hochfilzen, Pyeongchang e Kontiolahti, le divinità del biathlon – se esistono – si sono incarnate in lei e per anni si parlerà di quell’impresa. Tredici gare (10 individuali, 3 staffette) sempre sul podio e mai sotto il secondo posto! Tra i Mondiali di Hochfilzen e le tappe di Coppe del Mondo, con indosso il pettorale giallo, ha messo a segno qualcosa come 115 colpi su 120 nelle 9 gare individuali, con una percentuale di successo sbalorditiva del 95%. Al termine della tappa finlandese, la pratica Coppa del Mondo era chiusa.
Quando, dopo una stagione difficile, fatta di alti e bassi, a primavera 2019 la tedesca annuncia di voler chiudere la sua carriera, con l’ultima vittoria ottenuta sulle nevi azzurre di Anterselva, il rammarico era solo in chi sarebbe rimasto: Laura aveva dato il 100% al biathlon e ai suoi appassionati, che negli anni l’hanno sostenuta e si sono resi conto di avere di fronte un’atleta come poche ne passano nella storia di qualunque disciplina. E forse era giusto così: dopo quanto di straordinario aveva fatto, sei anni di carriera d’élite hanno oggi tutto l’aspetto del passaggio di una cometa. Straordinario, quanto irripetibile.
Negli anni successivi Dahlmeier ha voluto e saputo reinventarsi: scrittrice, commentatrice, appassionata di montagna, guida alpina. Sempre alla ricerca di qualcosa di autentico, sempre fedele a quella sua visione limpida della vita. E che possa essere per tutti, a partire dai suoi cari, papà Andreas, mamma Susi e suo fratello Pirmin, di qualche consolazione sapere che la fine del suo viaggio su questa terra sia arrivata tra le montagne tanto amate, facendo ciò che più di ogni cosa le dava gioia. “Ciò che possiedi nel profondo del tuo cuore, non puoi perderlo con la morte. Le leggende non muoiono mai” sono le parole con cui salutava il suo ex fidanzato, Robert Grasegger, morto in circostanze tragicamente simili nel 2022. E oggi, è tutto il mondo del biathlon a tributarle a lei certi che la sua stella non si spegnerà mai, e continuerà ad illuminare e ispirare le nuove leve con il fuoco della sua passione inestinguibile.