Ci sono gare, nella storia dello sport, che entrano di diritto nella leggenda e nell’immaginario collettivo diventando imprese fin dal momento in cui si sono realizzate, in alcuni casi ci si rende conto nel momento in cui sta accadendo che nell’aria c’è qualcosa di magico. Ed è proprio quello che è successo il 22 febbraio 1994, data che rimarrà scolpita per sempre nella storia dello sport italiano e nei cuori di chi ha vissuto quella giornata in prima persona, sulle piste da sci o semplicemente da casa.
Alle Olimpiadi di Lillehammer era il giorno della staffetta maschile, la 4×10, e l’Italia ha conquistato l’oro davanti ai padroni di casa, favoriti per i pronostici e che avevano dalla loro un uomo in più, la fiumana di gente, 20mila, che gremiva le piste e spingeva gli atleti, su tutti il “re” dello sci di fondo dell’epoca, Bjorn Daehlie. In pista per l’Italia, c’erano quartetto c’erano Marco Albarello, Maurizio De Zolt, Giorgio Vanzetta e Silvio Fauner, che bruciò in volata proprio Daehlie, ammutolendo il pubblico e firmando quella che è stata definitiva una delle 10 imprese più clamorose di sempre dello sport azzurro.
A 31 anni di distanza, con un’Olimpiade italiana alle porte, la Gazzetta dello Sport ha ricordato quei giorni proprio con Fauner. “Non mi ubriacai. C’era la 50 chilometri due giorni dopo. Andammo felici a cenare a Casa Italia e a letto. Ero timido chiuso, l’esatto opposto di Alberto Tomba, il re dello sci alpino”.
Proveniente da Sappada, classe 1968, Fauner ha un altro motivo per portare per sempre nel cuore quella giornata: la conquista dell’oro olimpico assieme a De Zolt, allora quarantenne, veterano della squadra e punto di riferimento per Fauner: “È stato sempre il mio punto di riferimento, il vecchio Grillo. Il mio vicino di casa. Fantasticavo su di lui, poi ho vinto insieme a lui”.
È stata una vita di sacrificio la sua. Fin da piccolo, in una numerosa famiglia di contadini che gli ha trasmesso valori come la fatica e il sacrificio, che si traducevano anche in pista quando metteva gli sci ai piedi: una fatica e un sacrificio ripagati da cinque medaglie olimpiche e sette mondiali. “L’Olimpiade è stata il massimo. Chiunque vuole arrivarci. La vittoria di squadra è una cosa, quella nella 50 km da solo è differente, sei in apnea, come in una maratona dell’atletica la regina delle gare. L’oro al Mondiale di Thunder Bay nel 1995 è un qualcosa di speciale. Una vittoria davvero indimenticabile“.
Un legame, quello con la famiglia, che si è mostrato anche nel rapporto, quasi simbiotico, col fratello Aldo, suo tecnico dal 1995 fino al 2006. “Mi disse lui che si sentiva che avrei vinto quel Mondiale. Mi correva accanto, mi incitava, capiva che potevo farcela. Vederlo all’arrivo con le lacrime agli occhi è stato un qualcosa di straordinario dal punto di di vista emotivo.”.
In un’epoca in cui si faticava a trovare sponsor, anche se in questo Fauner è stato fortunato, l’Arma dei Carabinieri è stato un supporto che ha rappresentato con orgoglio e rimanendo, come vuole il motto, “nei secoli fedele”.
“Devo tantissimo a loro. In quell’Arma ho visto un certo amore in più. Fui contattato da altri, ma scelsi loro, c’era mio fratello. Ho sempre portato la divisa con orgoglio. I carabinieri mi hanno dato sicurezza e tranquillità. Io ho avuto la fortuna di aver costruito un bel rapporto con Guido Barilla. Un amico prima di tutto. Da sponsor è diventato amico con un rapporto che è andato ben oltre”.
Oggi lo sci non è più la sua priorità – ha confessato che lo scorso inverno ha sciato solo tre volte; ma le cose da fare sono ancora tante tra Carabinieri, lavoro tecnico con le squadre e amministrare da vice sindaco la sua Sappada.
“Lo ritengo un dovere perché Sappada mi ha sempre sostenuto e supportato. Quando gareggiavo c’erano i pullman pieni di gente che veniva a vedermi, sono riconoscente. Come puoi dimenticare certe cose. Faccio parte di una lista civica, che si impegna per la località. Non sto mai fermo, la mattina vado in ufficio, poi giro, sono un vice sindaco dinamico”.
A Milano Cortina 2026, Sappada dovrà fare ancora una volta il suo lavoro, sostenendo un’altra cittadina illustre e che ha rappresentato con onore il piccolo paese in giro per il mondo: Lisa Vittozzi, nel biathlon. “Dobbiamo supportarla e sperare di festeggiarla. Ha un buono staff che la segue. Ha determinazione, sennò in questi sport non puoi arrivare. La seguirò, l’ho sempre seguita”.
