“È una bella emozione”. È pronto a tornare, questa volta senza portarsi dietro placche e altri infortuni. Finalmente Simone Mocellini è al via della prima tappa di Coppa del Mondo, lì a Ruka dove sognava già di gareggiare nella stagione 2023/2024, quella successiva ai suoi grandi risultati.
Allora Mocellini si fece male al polso cadendo in allenamento nel mese di ottobre, che portò a una prima operazione. Poi il rientro in squadra, il tentativo di ritrovare la miglior condizione e proprio mentre stava arrivando, il trentino della Valsugana era protagonista di un’orribile caduta in allenamento a Canmore, con conseguente frattura di tibia e perone della gamba destra. Uno stop lungo, difficile da accettare, ma l’azzurro era riuscito a tornare e anche riprendersi subito le prime convocazioni in nazionale cercando di accelerare i tempi nel tentativo di rappresentare l’Italia al Mondiale di Trondheim.
Invece, dopo la tappa di Cogne, quando si pensava che il dolore fosse causato da una semplice tendinite, Mocellini aveva capito che non c’era nulla da fare, scoprendo di avere una frattura da stress dovuta probabilmente alla placca. Una terza operazione e finalmente un recupero senza intoppi, sereno, tranquillo come lo stato d’animo di un giovane molto più maturo dei suoi 27 anni.
«Sono stra contento – ha esordito Mocellini a Fondo Italia – finalmente la mia stagione inizierà da Ruka, dove speravo di esserci già nelle ultime due stagioni, ma ahimè sono stato fermato dagli infortuni. Fortunatamente mi è stata data ancora fiducia e quindi partirò da qui. Il tracciato? Visto dalla tv mi piace, anche il percorso. Ovviamente poi lo scoprirò sul posto. Ma ora ci tengo solo a dire che è bello iniziare dalla prima gara, ho sempre desiderato gareggiare a Ruka».
Mocellini si è aggregato alla squadra nazionale Milano-Cortina, allenata da Fulvio Scola, soltanto nel mese di luglio, aumentando i carichi gradualmente, senza correre alcun rischio. Come sta fisicamente l’azzurro? «In generale direi bene – ha detto “Il Moce”, come viene soprannominato – credo di essere a buon livello. Magari non sono ancora al top, ma questo lo dirà solo il campo. Per quello che percepisco io tra test interni e allenamenti, mi sembra di stare bene. In questi casi faccio sempre fatica a sbilanciarmi, perché so quanto posso andare io adesso, ma non so se mi basterà, perché non vedo i miei avversari da tempo. Io credo di aver lavorato molto bene per arrivare a questa gara».
Insomma difficile porsi un obiettivo in termini di risultati. «Io parto sempre determinato a fare bene e mi sento in condizione. Vengo da un ottimo periodo. Vado su con la giusta tranquillità, poi non mi pongo aspettative di risultato, non lo faccio mai. So quanto valgo io e vedremo lì quanto valgono gli altri. Ho raggiunto Ruka fiducioso».
Seppur assente da tempo, Mocellini ha la consapevolezza che se sta bene e in condizione può valere anche posizioni importanti, come dimostrano i due podi ottenuti in Coppa del Mondo sempre nelle sprint a tecnica classica. Un pensiero che ovviamente può aiutare nell’incertezza del rientro dopo tanto tempo.
«Sicuramente questo ricordo mi motiva molto, perché è stato un grande periodo della mia carriera, l’ultimo prima di infortuni. Lo vivo ancora e a volte mi aggrappo a quel ricordo, anche se ho cercato di resettare. Non dico che voglio ripartire da zero, ma non vivere di rendita da quei risultati lì. Ho bisogno anche di metterli da parte per avere ancora più voglia di rifarli. So che posso arrivarci, ma partendo da zero per avere più fame».
A dare una carica maggiore a Simone Mocellini è anche la consapevolezza di tutto il difficile percorso fatto in questi ultimi anni, i momenti di difficoltà da superare, la pazienza ogni volta di dover mettersi al lavoro con l’obiettivo non di preparare una gara ma anche solo di tornare a camminare o correre.
«Due anni come quelli che ho passato io ti aiutano sicuramente ad avere voglia di rivincità e tornare al livello in cui hai lasciato. Sono stati due anni diversi, perché dopo l’infortunio di Canmore è stato difficilissimo mentalmente, mi sentivo all’interno di un corpo che non conoscevo, non riuscivo a correre. Dopo la seconda operazione, invece, è stato tutto più facile. Nel primo recupero ho dovuto solo imparare ad accettare la situazione, mentre il secondo è stato quasi bello, perché sentivo in maniera palese che stavo ritornando pian piano al punto dove avevo lasciato il mio fisico. Ho imparato tante cose e voglio fare bene anche per tutti coloro che mi hanno aiutato, da chi mi ha operato e mi ha aiutato nella fase riabilitativo a Fulvio Scola e Davide Perucchini che hanno fatto un gran lavoro in nazionale».

