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Sci di fondo

Sci di fondo – Stagione al via, il pensiero di Fulvio Valbusa: “Con Pellegrino all’ultimo anno, i nostri giovani devono dare un segnale forte. Ho visto in loro più consapevolezza”

Anche nella stagione 2025/26, l’olimpionico Fulvio Valbusa commenterà per Eurosport le competizioni della Coppa del Mondo di sci di fondo al fianco del telecronista Silvano Gadin. Da campione olimpico nella staffetta di Torino 2006, assieme a Giorgio Di Centa, Pietro Piller Cottrer e Christian Zorzi, Valbusa vive la stagione delle Olimpiadi di Milano Cortina 2026 con forte trasporto.

L’ex fondista, che vive in Lessinia, e di recente ha visto diventare un monologo teatrale il libro “Randagio”, scritto assieme a Serena Marchi, che racconta la sua storia, ha analizzato i temi principali della stagione 2025/2026.

L’ex azzurro è apparso molto positivo sulla squadra maschile, convinto che l’Italia possa fare bene grazie ad alcuni giovani che vede sempre più maturi e consapevoli dei propri mezzi, oltre ovviamente a Federico Pellegrino, determinatissimo nell’ultima stagione della sua carriera.

«Credo che abbiamo delle belle carte da giocarci – ha detto Valbusa a Fondo Italia – a differenza delle altre stagioni, penso che possa venire fuori qualcosa di buono, perché in pochissimo tempo questi ragazzi sono maturati. In loro vedo maggiore consapevolezza, sanno che essendo l’ultimo anno di Pellegrino devono dare un segnale forte, perché spetta a loro prendere in mano la situazione nelle prossime stagioni».

Cosa si aspetta dalla tappa di Ruka, sempre complicata per gli azzurri?

«A Muonio gli azzurri hanno fatto bene e lanciato bei segnali. Questo è importante, anche se ovviamente non sarà facile a Ruka, in quanto bisogna trovare i ritmi giusti. Ricordo che anche noi alle prime gare al nord prendevamo belle batoste. Poi magari in gara ti prende uno dei big scandinavi, ti attacchi dietro e riesci a entrare nel giusto ritmo. Mi ha fatto poi molto piacere aver visto così tanti convocati per Ruka. Una scelta legata a quello che succederà alle Olimpiadi, dove avremo un contingente molto ristretto».

Sicuramente avere al massimo sei o sette uomini alle Olimpiadi renderà complicate le scelte di Cramer.

«Non è certo una banalità, perché noi potevamo portare tranquillamente anche contingenti di oltre diciassette o diciotto atleti tra uomini e donne. Avere sei o sette atleti per genere è davvero dura. Bisognerà fare delle scelte difficili. Quale gara sacrifichi? Non sarà facile per la direzione agonistica trovare il giusto bilanciamento e portare atleti che sono polivalenti, in grado di fare più di una gara. Temo che quindi sarà più dura per i nostri sprinter, perché se hai una persona che può fare solo quel format, rischi poi di restare con cinque atleti da gestire per la gare successive. E che succede se poi qualcuno si ammala? Ecco perché sono contento che agli sprinter venga data l’occasione di provarci, sanno di dover fare un grande risultato per riuscire a guadagnarsi la qualificazione».

Un regolamento che immagino non le piace.

«Ma come si fa? È una regola che va rivista. In questo modo si penalizzano diverse nazionali, che saranno messe a dura prova».

Ultima stagione di Federico Pellegrino, che lascerà proprio con le Olimpiadi. Che effetto le fa e cosa si aspetta da lui?

«Su Pellegrino possiamo stare sicuri che preparerà al meglio l’Olimpiade e si farà trovare al posto giusto nel momento giusto in una gara o nell’altra. Non dico altro per scaramanzia, ma sono convinto che farà qualcosa di importante. Sicuramente fa una certa impressione pensare che lascerà a prescindere dal risultato olimpico. Lui rappresenta la nostra certezza ed è difficile da accettare il suo ritiro. Quando avrò modo di parlarci, la mia prima domanda sarà proprio se è sicuro di non voler andare avanti (ride, ndr). Ma al di là di tutto capisco le sue motivazioni, quindi dal prossimo anno dovremo guardare avanti. Torno al punto iniziale, il suo addio dovrà responsabilizzare gli altri, da Barp a Graz e Carollo, passando anche per quelli più grandi come Romano Ventura o Daprà, perché ora saranno loro a prendere in mano le redini della squadra. Senza il traino di Pellegrino, cambia la responsabilità».

Lei ha anche esperienza di questo.

«Quando smisero Maurilio (De Zolt, ndr), Albarello e Vanzetta, ci ritrovammo a dover tirare la baracca. Lì devi per forza responsabilizzarti, sono tempi che un’atleta deve capire, che sente. È quel salto di qualità che non è fisico, perché tutti sono già pronti fisicamente, ma mentale. La testa è quella che ti fa fare il salto ad alto livello. Bisogna prendere consapevolezza di sé».  

A livello di risultati cosa si aspetta? Ovviamente le Olimpiadi sono l’obiettivo principale.

«Parlando degli uomini, direi che ci sono buone possibilità per la medaglia nelle gare a squadre. Nella team sprint abbiamo tutto per farlo, ma anche in staffetta, dove con frazioni da 7,5 km abbiamo un lieve vantaggio. Si può arrivare nel finale anche con sei o sette squadre assieme per le medaglie, come si è visto a Trondheim, e se riusciamo a permetterci di mettere Pellegrino in ultima possiamo davvero giocarcela».

Lei ne sa qualcosa di staffetta. Come si prepara un appuntamento come quello olimpico?

«Devi arrivarci in forma e scegliere con attenzione i quattro che potranno fare bene in una specifica frazione. Per esempio, non tutti sono adatti alla prima o all’ultima e così via. Per il resto c’è poco di prevedibile, perché la favorita può anche sbagliare e saltare, pure su 7,5 km. Trovo comunque assurdo che nel calendario di Coppa del Mondo non vi sia alcuna staffetta. In primis perché è un appuntamento fisso ai Mondiali e alle Olimpiadi. Poi perché i tecnici dovranno fare delle scelte sulla base di sensazioni senza aver potuto fare alcuna prova. Noi sapevamo chi era più portato per una determinata frazione. Se uno non fa esperienza, come fa a saperlo? Veramente assurdo».

Dalle donne azzurre cosa si aspetta? Lo scorso anno si sono visti passi avanti.

«Io mi auguro che l’appuntamento olimpico porti a responsabilizzare anche loro, perché gareggiare in casa può essere un vantaggio, in quanto conosci la pista, ma anche uno svantaggio, perché il livello di tensione è altissimo. Devo ammettere che è difficile in questo caso parlare di medaglia, bisogna essere sinceri, sarà molto dura. Credo però che sarà un passaggio di crescita importante per la nostra squadra, un team che è in ricostruzione. Atlete esperte come Ganz e Comarella devono caricarsi anche il fardello delle giovani che stanno arrivando, tra cui Monsorno, Cassol e Gismondi. Ecco, questa ragazza di Subiaco, con quel carattere che ha, può fare anche qualcosa fuori dal normale. Io la vedo come la scheggia impazzita, che può fare risultato. Se dovessi puntare su qualcosa di inaspettato, un bel piazzamento anche tra le cinque, punterei su di lei. Potrei però dire lo stesso anche di Cassol nella sprint, dove può andare parecchio avanti. Certo, non sarà facile alle olimpiadi, perché in quella gara lì serve la giusta esperienza. Guarda atleti come Pellegrino o Klæbo, che ottengono sempre il massimo possibile perché non sbagliano proprio nulla. Ecco forse Cassol deve ancora fare quell’esperienza in più, ma spero mi smentisca. Comunque magari tra un mese parliamo di nuovo e dirò cose diverse».  

Inutile di parlare di favoriti per la Coppa del Mondo, perché nella stagione olimpica potrebbero esserci diversi forfait. Mettiamola quindi come domanda generale: c’è secondo lei qualcuno in grado di contrastare Klæbo?

«Non lo so. Dopo le gare di Beitostølen, a Klæbo hanno chiesto se punta a vincere tutto alle Olimpiadi come fatto a Trondheim. Lui è stato diplomatico, parlando di stagione lunga, di dover arrivare lì in salute e così via, ma tra le righe si è capito che vuole provarci. Non sarà facile, ovviamente, anche per un dominatore come lui, ma se dovesse farcela sarebbe qualcosa di stratosferico. Chi può contrastarlo? Nelle distance ci sono soprattutto i suoi connazionali, guidati da Amundsen, magari Krüger a skating, poi giovani come Ree o Andersen. Nelle sprint forse potrebbe dargli fastidio Anger. Qui torniamo però al discorso fatto in precedenza, perché dovrà riuscire a essere abbastanza maturo e perfetto, senza commettere errori. Il problema è che anche nelle distance, individuale a parte, devono poi staccarlo prima, perché se arrivano in volata non perde mai. Ce la fece Golberg nella 50 km di Planica nel 2023, ma lì c’erano condizioni particolari».  

Tra le donne regna invece l’incertezza, anche se sembra essere il momento della Svezia.

«Credo che in campo femminile si riproporrà la situazione dello scorso anno. La Svezia è fortissima, ha atlete vincenti in ogni format di gara, da Andersson e Karlsson nelle distance, a Sundling nelle sprint, senza dimenticare che può fare bene anche nelle gare più lunghe, a tante altre come Svahn e compagnia. Chi può dare fastidio alle svedesi? Sicuramente la norvegese Skistad nella sprint a classico. A Beitostølen mi ha fatto una grande impressione. Poi nelle distance magari può starci qualche norvegese in grado di infilarsi nella lotta, ma sicuramente la più pericolosa sarà Jessie Diggins, soprattutto nell’individuale a skating. Anche lei è all’ultima stagione e immagino voglia chiudere col botto. Da capire però se punterà più alle Olimpiadi o alla Coppa del Mondo, che si chiuderà proprio nei suoi Stati Uniti, dove terminerà la sua carriera».

Con i ritiri di Pellegrino e Diggins vengono a mancare personaggi importanti per lo sci di fondo, in grado di regalare successi anche a nazioni diverse dalle solite note. Chi può sostituirli?

«Magari tra gli uomini, gli Stati Uniti possono cogliere buoni risultati con i loro giovani, in particolare Schumacher e Schoonmaker, perché sanno come si vince. Ma è difficile immaginarli protagonisti per la Coppa del Mondo. In Svezia c’è Poromaa, un bel talento che però ancora fatica a trovare la quadra. Poi io spero anche nei nostri talenti, gente come Barp e Graz, che hanno le carte in regola per farlo, con un fisico importante in grado di permettere loro anche di reggere una stagione intera. Io credo che Elia Barp abbia i numeri per riuscire anche a salire sul podio nella generale di Coppa del Mondo in futuro. È un polivalente, va forte in ogni format di gara, competitivo in qualsiasi distanza e tecnica. Non voglio caricarlo di troppe responsabilità, sia chiaro, ma per caratteristiche e talento credo abbia i numeri. Un altro che va forte in tutti format, e non ne vediamo tanti, è forse proprio Anger, anche se dovrà stare molto attento con quel suo fisico imponente. Insomma di fronte c’è sempre un Klæbo col fisico longilineo e atleta perfetto, con caratteristiche tutte sue, nel modo di far scorrere lo sci, di curvare, uno che può recuperare anche due metri in curva. Poi ovviamente, diciamocela tutta, se tornassero i russi avremmo allora gli avversari per lui, perché sono sempre atleti competitivi e affamati. Al femminile, invece, penso ci sia maggiore possibilità di veder vincere anche altre nazioni o comunque occupare le prime posizioni. Pure se è difficile trovare un’atleta del carisma di Diggins».

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