Il prossimo febbraio a Lago di Tesero, in Val di Fiemme, nello sci di fondo maschile verranno nuovamente assegnate delle medaglie olimpiche sulla distanza di 10 km.
Fin qui è accaduto solo in tre occasioni, dal 1992 al 1998, in tre edizioni olimpiche: Albertville, Lillehammer e Nagano. A differenza di quanto succederà alle Olimpiadi di Milano Cortina 2026, quando la 10 km sarà in skating, in quelle tre edizioni dei Giochi Olimpici le competizioni si svolsero a tecnica classica.
Da questa gara, infatti, oltre ad assegnare le medaglie, si stabiliva poi l’ordine di partenza per l’inseguimento da 15 km a tecnica libera.
I tre precedenti su 10 km sorridono all’Italia, andata a medaglia in due occasioni, ad Albertville nel 1992 e a Lillehammer nel 1994, sempre grazie allo stesso atleta, un fondista che si esaltava a tecnica classica, Marco Albarello.
A distanza di oltre trent’anni i ricordi di quelle gare sono ancora vivi nella testa e nel cuore del campione valdostano, che ricorda tutto, non solo delle due gare in cui vinse le medaglie, ma anche dei successivi inseguimenti.
Campione del mondo nella 15 km a classico nel 1987, in carriera Albarello ha vinto 5 medaglie olimpiche e 4 mondiali.
L’argento di Albertville, alle spalle di Ulvang e davanti a Majlbäck, è considerato da Albarello il suo risultato più importante, quello a cui tiene di più, anche rispetto allo storico oro di Lillehammer.
«Per me è la medaglia più bella della mia carriera – ha raccontato Albarello a Fondo Italia – forse anche più dell’oro vinto a Lillehammer. Venivo da un periodo difficile, a causa anche di un problema al tendine d’achille che mi aveva fatto dubitare se continuare ad alto livello o meno».
Anche la marcia d’avvicinamento ai Giochi di Albertville era stata difficile: «Mio padre era gravemente ammalato da sei mesi, gliene avevano dati appena otto di vita. Poi iniziarono le gare e feci subito una bellissima prestazione nella 30 km. Ero partito con il 38 ed ero lì convinto di aver vinto il bronzo, ero stato terzo per un’ora quasi. Poi d’improvviso mi venne a chiamare Vanoi per dirmi che Langli, partito con l’85 stava recuperando e alla fine mi aveva chiuso davanti. Scoppiai a piangere, lì davanti a tutti».
Venendo da un periodo difficile e dopo la delusione della 30 km, quell’argento rappresentava davvero qualcosa di speciale, anche per il contesto. «Eravamo a pochi chilometri dalla Valle d’Aosta, per me era come gareggiare in casa. Avevo tanti amici lì a seguirmi, ma soprattutto c’erano mia moglie e mio figlio al traguardo, così ebbi l’opportunità di condividere questa gioia con loro. Fu tutto perfetto».
E forse senza quella medaglia arrivata sotto una fitta nevicata, o più in generale quelle Olimpiadi di Albertville, che lo videro protagonista anche nell’argento in staffetta, non avremmo avuto quell’oro storico di Lillehammer.
«Avevo ritrovato me stesso, anche in staffetta feci una gran bella gara nel nostro argento. Peccato solo l’inseguimento a skating, quando io e Giorgio (Vanzetta, ndr) ce la giocammo male una volta che prendemmo Ulvang. Forse avremmo dovuto attaccarlo, invece restammo lì ed io in volata non ero un drago, infatti sbagliai anche corsia e chiusi quarto. Almeno però vinse la medaglia Giorgio. Quelle Olimpiadi mi fecero capire che c’ero, mi diedero la forza e gli stimoli per proseguire, al punto da andare avanti altri sei anni, con un carattere forte che mi permise di combattere fino all’ultimo anche quando si affacciarono dei giovani davvero molto competitivi».
Albarello riuscì a vincere la medaglia in staffetta anche a Nagano 1998, a ben 38 anni, ma la pagina storica la scrisse 4 anni prima con l’oro di Lillehammer.
In Norvegia, il valdostano dell’Esercito riuscì a vincere anche un’altra medaglia individuale confermandosi sul podio della 10 km: «Sapevo di poter essere da podio, ero più consapevole dei miei mezzi. Avevo vinto bene i Campionati Italiani ed anche i test erano andati bene. Sapevo che se non mi fossi ammalato avrei avuto tutte le possibilità di salire sul podio. Quel giorno avevo anche degli sci stratosferici, me ne accorgevo nelle parti di scorrimento».
Albarello chiuse terzo alle spalle di Dæhlie e Smirnov, poi contribuì in qualche modo anche al bronzo di Fauner nell’inseguimento. «Non posso dire che ci fossimo messi d’accordo, ma sapendo di non avere grandi possibilità a skating, tirai tutto il tempo il gruppone, facendo un bel favore a Silvio, che nei finali di gara era poi straordinario, velocissimo. In quei giorni avevamo anche provato tanto assieme l’eventuale volata finale della staffetta. Ma alla fine, come ha sempre detto, quel giorno ha ha fatto ciò che si è sentito, non eseguendo nessuna delle cose provate (ride, ndr)».
E si perché poi arrivò l’oro in staffetta, ma quella è un’altra storia.