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Sci di fondo – Pellegrino a ruota libera: “Se ogni atleta pensasse meno ai propri interessi e più a quelli del sistema, sarebbe meglio per tutti”

“Non penso mai al mio tornaconto personale, mai. Cerco sempre di pensare al sistema dello sci di fondo e ai suoi interessi. Se ogni atleta pensasse meno ai propri interessi e più a quelli del sistema, sarebbe meglio per tutti”. Parola di Federico Pellegrino.

Opinioni mai banali, tanta voglia di discutere le prospettive dello sci di fondo e fiumi di idee e punti di vista originali. Quando Federico Pellegrino prende la parola lo fa sempre con l’obiettivo di offrire un contributo significativo alla sua disciplina, forte di anni di esperienza ai massimi livelli e di una predisposizione a interrogarsi costantemente sulle possibilità di miglioramento del proprio ambiente. Lo ha fatto ancora una volta partecipando a una nuova puntata di Skirious Problems, il podcast condotto dagli atleti di Coppa del Mondo James Clugnet e Mika Vermeulen, nel quale l’azzurro ha potuto dire la sua su numerosissimi temi che toccano da vicino lo sci di fondo. Partendo dagli argomenti legati alla preparazione, passando per quanto successo nei primi giorni del Blinkfestivalen, per poi arrivare a trattare nel dettaglio temi più specifici come quello delle prospettive future dello sci di fondo, delle regole che governano il panorama sportivo internazionale e del proprio finale di carriera: Pellegrino ha offerto numerosi spunti di riflessione in una lunga e approfondita chiacchierata con i due colleghi fondisti.

Il dibattito si apre in maniera leggera e scanzonata, parlando della scelta di Pellegrino, testimoniata nelle scorse settimane da qualche storia Instagram, di allenarsi sul tapis roulant con gli sci da fondo ai piedi. Una scelta che Pellegrino motiva con la volontà di simulare al meglio il gesto tecnico dello sci di fondo in un contesto di assenza di neve: “Ho dovuto accettare che la mia scelta di vita di vivere in Italia, significa che mia possibilità di sciare è molto più ridotta rispetto a chi vive al Nord. Molti allenamenti, non solo in estate ma anche in inverno, hanno l’obiettivo di simulare la tecnica dello sci e molti allenatori le propongono agli atleti. […] Quando ho dovuto fare sessioni di corsa con i bastoncini, cercando di pensare che fossi sugli sci per simulare la tecnica migliore come se fosse inverno, ho cominciato a fare gli allenamenti di intensità sul tapis roulant. Poi ho pensato che se lo avessi fatto con gli sci avrei dovuto pensare di meno a simulare di essere sugli sci. E questo è il motivo per cui lo faccio”.

Dopo aver menzionato Johannes Høsflot Klæbo e le speculazioni sui suoi programmi di allenamento estremi e aver scherzato sulla penalizzazione inflitta a Petter Northug durante la Lysebotn Opp, si giunge poi a parlare del ritiro di Pellegrino dalla Blink Classics, dove un problema fisico lo ha costretto ad abbandonare la competizione prima della fine: “Ho avuto probabilmente solo un piccolo problema di stomaco dopo il primo giro – rassicura Pellegrino -. Nelle salite mi sono sentito molto in fiducia e molto bene, mentre in double poling ho avuto questo problema, forse legato al diaframma o a qualcos’altro”. Poi aggiunge: “Ho dovuto arrendermi, anche se avrei potuto continuare e finire la gara. Ma non era la cosa migliore continuare. Mi ha fatto più male psicologicamente che fisicamente dopo la gara, perché non sono molto abituato ad arrendermi, in niente nella mia vita. Mi ricordo due o tre volte in cui l’ho fatto ed è molto triste”.

Spazio poi a qualche riflessione sulla nazionale italiana e sul progetto messo in piedi dal direttore tecnico Markus Cramer in questi anni, con l’obiettivo di rendere gli atleti dei veri e propri “allrounders”, privilegiando la crescita in tutti i format piuttosto che lavorare sulla specializzazione dei vari atleti nelle singole specialità. “L’obiettivo del nostro allenatore in questi 4 anni – spiega Pellegrino – non era quello creare degli scalatori molto forti o degli sprinter molto forti, ma di accrescere il livello medio in tutto. In classico, a skating, in salita, in piano. Il gap più grande che dovevamo colmare era nelle parti in piano, quindi abbiamo spinto molto in zone pianeggianti, principalmente a skating. Lo stiamo facendo e credo davvero che fosse il momento giusto per fare questo nel nostro sport, per il nostro sistema. Sicuramente dopo il 2026 qualcosa cambierà e forse gli obiettivi saranno diversi, ma era il momento giusto per fare un reset di quanto accaduto in Italia negli ultimi 20 anni e in questo modo ho potuto apprezzare e godermi quest’ultimo viaggio nella mia carriera, scoprendo il mio corpo in diversi modi”.

Tanti i temi da affrontare anche rispetto all’imminente 20ª edizione del Tour de Ski, sulla quale Pellegrino si esprime con un certo grado di disapprovazione, diretta in particolare ai format di gara che porteranno – come sottolineato più volte dall’azzurro – a gareggiare in totale soltanto su 43 km, unendo tutte le distanze di gara. Un Tour de Ski che con 2 sprint, una pursuit da 15 km, una 10 km individuale, la salita del Cermis e la tanto chiacchierata heat mass start da 5 km, potrebbe tuttavia favorire le caratteristiche di Pellegrino che – pur mostrandosi piuttosto critico sulle scelte dei format e delle distanze di gara – ammette che potrebbe effettivamente trattarsi di un Tour de Ski adatto alle sue abilità.

L’azzurro si esprime poi con scetticismo sulla heat mass start, che sarà proposta per la prima volta a Dobbiaco e che sarà anticipata tra pochissimi giorni da una sorta di “prova generale” alla Toppidrettsveka di Trondheim: “Sicuramente sarà un format buono per la Toppidrettsveka, perché nello skiroll è totalmente diverso. Non so come faranno a scegliere chi andrà dove (nella suddivisione in batterie, ndr), spero che useranno un metodo come quello della scelta delle batterie nelle sprint, ma non lo so”. Tra le rimostranze avanzate da Pellegrino a questo nuovo format, il fatto che, trattandosi di una gara da 5 km, difficilmente il risultato influirà nell’economia della classifica generale del Tour de Ski, considerando che i distacchi saranno molto risicati.

Si entra poi nel vivo di quello che è il cuore della discussione portata avanti da Pellegrino con i feedback di Clugnet e Vermeulen, andando a toccare i temi che riguardano i problemi strutturali dello sci di fondo internazionale e del mondo in cui la FIS lo concepisce, soprattutto per quanto riguarda la definizione del prodotto e dell’immagine da vendere ai telespettatori. Una sfida che, per uno sport di nicchia come è ad oggi lo sci di fondo, si scontra in primis con le difficoltà di attirare grandi audience: “Il problema – aggiunge Pellegrino – è che gli introiti non sono abbastanza per finanziare tutto. Non dobbiamo pensare a come spendere meno, ma a come guadagnare di più, per avere un migliore prodotto televisivo. Probabilmente dovremmo spendere di più per avere produzioni e produttori televisivi migliori“.

Ecco che quindi diventa importante – per quanto utopica – la creazione di un ambiente in cui tutti possano godere di condizioni di partenza simili, per permettere anche a nazioni meno impregnate della cultura dello sci di fondo di dare vita a grandi campioni, come successo in Polonia con Justyna Kowalczyk o in Svizzera con Dario Cologna: “Quando ci sono atleti forti in una singola nazione, l’audience di quel paese tende a crescere. Non solo lì, ma anche altrove, perché a volte vedere vincere troppi atleti della stessa nazionalità può diventare noioso”, sostiene l’azzurro.

Nell’addentrarsi nelle specifiche legate ai regolamenti, Pellegrino offre poi spunti interessanti su quelli che lui definisce “piccoli cambiamenti nelle regole che potrebbero permettere di godersi di più lo sci di fondo”. Rientrano in queste riflessioni il numero di quote offerte alle varie nazioni per l’accesso alle gare, i rimborsi, la definizione del calendario, il sistema di punteggi, l’importanza del Tour de Ski e dello storytelling legato agli atleti, oltre al modo in cui sono assegnati i premi in denaro. Su quest’ultima tematica, Pellegrino evidenzia una disuguaglianza che rende la corsa alla Coppa del Mondo meno attrattiva per gli atleti, considerando che la retribuzione per la vittoria della generale è poco superiore a quella per la vittoria delle singole gare; una circostanza che incoraggia gli atleti a concentrarsi su meno gare cercando di trarne il massimo, invece di tentare di essere costanti per tutta la stagione. “Al momento – spiega Pellegrino – paga di più a livello economico essere al massimo in due weekend di Coppa del Mondo, rispetto che essere al 95% per tutta la stagione di Coppa”.

Dopo aver affrontato temi legati anche alla valorizzazione delle competizioni olimpiche e alla propria esperienza nelle gare a cinque cerchi, Pellegrino giunge a parlare del proprio futuro e di quello che sarà dopo quel 22 febbraio 2026, data fissata dall’azzurro come termine della sua carriera nello sci di fondo internazionale. Innanzitutto, il fondista valdostano ammette la sua volontà di proseguire nei suoi impegni ufficiali per conoscere meglio tutto ciò che riguarda il dietro le quinte della costruzione dell’ambiente sportivo: “Nei prossimi anni voglio andare avanti nella politica legata allo sport, per capire meglio queste cose”. Poi, sposta l’attenzione su quello che sarà – a livello nazionale – il suo vero ultimo impegno in gara, i Campionati Italiani che si svolgeranno nella sua terra, a Saint Barthélemy, il 27 e 28 marzo 2026. A tal proposito, estendendo l’invito alla partecipazione anche a Clugnet e Vermeulen, Pellegrino conferma che si gareggerà su un’individuale da 10 km a skating e su una mass start da 50 km in classico nelle due giornate, con la 50 prevista – neve permettendo – su 2 giri da 25 km.

Di seguito, si rimanda alla puntata intera del podcast (in inglese):

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