Quando sperimentare la stessa disavventura può unire. È quanto accaduto a Heidi Weng e Linn Svahn, entrambe vittime di un trauma cranico che le ha a lungo condizionate, non soltanto nell’allenamento ma in particolare nella vita di tutti i giorni.
«Ai miei occhi, è il peggior infortunio che si possa subire – ha detto Weng all’Expressen – nessuno nota che sei infortunata, non vai in giro con le stampelle o altro. Eppure provi così tanto dolore che puoi solo stare sdraiata in una stanza buia».
Heidi Weng ha sofferto per più di un anno per un trauma cranico causato da una caduta sul ghiaccio. Per questo motivo capisce cosa possa aver provato in questi mesi Linn Svahn, dopo la caduta alla vigilia del Mondiale di Trondheim che le ha provocato lo stesso problema. Non a caso, la norvegese aveva finito addirittura per commuoversi quando le era stato chiesto di commentare quanto accaduto alla forte collega svedese.
«Sono una persona molto sensibile – ha detto Weng – e sapevo anche che Linn aveva già avuto così tante battute d’arresto durante la sua carriera. Quindi, se Linn riuscisse a tornare completamente in forma già in questa stagione, ne sarei molto, molto colpita. Felice se vincesse l’oro? Tra le straniere sicuramente».
Svahn apprezza la solidarietà e le belle parole della collega: «È fantastico sentirlo (che si augura vinca l’oro). Quanto ha detto sull’infortunio è probabilmente vero, perché gli infortuni fisici sono comuni nello sport, ma in questo caso è diverso. Quando ti colpisce la testa, come è successo a noi due, è qualcosa che influenza molto anche la vita di tutti i giorni. Non avevo mai sperimentato niente del genere prima. Ed è stato spaventoso».
Esperienza davvero simile quella vissuta dalle due atlete. Ne è un esempio il racconto che entrambe fanno delle prime camminate. «Ricordo la mia prima corsa, quanto fosse lenta mentre la mia testa continuava a martellare per quella mezz’ora» ha detto Weng.
Simile storia per Svahn: «Ho interrotto la mia prima corsa dopo cinque minuti e sono tornata a casa. E poi ho avuto difficoltà anche solo a tornare a casa. E prendi la prima volta che sono uscita e ho provato a camminare. Sono riuscita solo ad arrivare al ponte prima di iniziare a singhiozzare. Credo di aver camminato per una distanza che di solito richiede circa due minuti, ma sono stata costretta a fermarmi tre volte e infine di stare seduta ferma per mezz’ora prima di poter tornare indietro».
Svahn ha quindi aggiunto: «La cosa peggiore sono stati gli alti e bassi. Una settimana facevo il mio miglior allenamento di sempre, ma la successiva non riuscivo a stare sveglia per più di cinque o sei ore al giorno. È stato molto spiacevole».
Da fine estate, però Svahn sta bene e ora lancia la sfida: «Ci sono voluti circa cinque mesi prima che superassi queste difficoltà. E dopo ho potuto continuare come mi pareva. In altre parole, sarò pronta per l’apertura di Gällivare».