Sci di fondo | 24 agosto 2023, 19:30

Sci di fondo - Intervista a Fulvio Scola, allenatore del gruppo maschile Milano Cortina 2026: "L'aspetto mentale è fondamentale, lì si fa la differenza"

Sci di fondo - Intervista a Fulvio Scola, allenatore del gruppo maschile Milano Cortina 2026: "L'aspetto mentale è fondamentale, lì si fa la differenza"

La stagione 2023/24 sarà la quarta di Fulvio Scola da allenatore di una squadra nazionale azzurra. Il tecnico delle Fiamme Gialle, con una buona carriera da atleta, è reduce da un anno che è stato positivo anche per lui come allenatore, dopo i due podi in Coppa del Mondo ottenuti da Simone Mocellini, ma anche gli altri buoni risultati di altri atleti del suo gruppo.

Scola è stato quindi confermato alla guida della squadra maschile Milano Cortina 2026, rinnovata rispetto alla passata stagione. Al suo interno vi è il giusto mix tra atleti più esperti (Mikael Abram, Michael Hellweger e Lorenzo Romano), giovani che hanno già esperienza di Coppa del Mondo (Giovanni Ticcò ed Alessandro Chiocchetti), altri che invece, chi per età o perché non ha ancora avuto la sua occasione, devono ancora fare il loro esordio a questo livello (Riccardo Bernardi, Fabrizio Poli e Martino Carollo).

Mentre il suo gruppo è ad Anterselva, dove ha avuto inizio un nuovo raduno azzurro, Fulvio Scola ha parlato a Fondo Italia per descrivere questo nuovo team che sta nascendo. Il finanziere ne parla con la solita passione e attenzione.

Buon pomeriggio Scola, Come sta procedendo la preparazione della squadra? Cosa avete fatto?

«La preparazione è iniziata nel migliore dei modi. Come l’anno scorso, abbiamo fatto un raduno iniziale con la squadra A tra Anterselva e Dobbiaco, poi ci siamo recati a Tirrenia, dove abbiamo i nostri percorsi collaudati e possiamo allenarci bene, sfruttando anche la presenza della spiaggia, che aiuta sempre a fare gruppo. Ci serviva, visto che la squadra è abbastanza nuova. Dopo siamo andati a Rovereto, per i test funzionali stagionali, e successivamente a Passo di Lavazè per allenarci in quota. Abbiamo trovato delle condizioni ottime, come sempre, grazie anche all’ospitalità del Dolomiti Apart & Rooms, dove siamo soliti risiedere. Ovviamente, come sempre durante la preparazione, c’è stato qualche acciacco o infortunio più o meno grave, che limita a qualcuno l’allenamento».

È un gruppo molto vario, che va dai ‘96 fino a un 2003. Come vede questi ragazzi insieme. Cambia qualcosa nella programmazione dei più esperti rispetto a quella dei più giovani?

«Diciamo che il gruppo comprende un arco di età molto ampio. Devo dire che, per quanto riguarda l’allenamento fatto negli anni precedenti, hanno tutti dei volumi molto buoni, quindi non ho dovuto apportare grandi modifiche al programma di allenamento tra un atleta e l’altro. Poi, ovviamente, ognuno ha i propri obiettivi, a livello agonistico, per quanto riguarda i risultati dell’inverno. Quelli che hanno più esperienza e hanno fatto già il circuito di Coppa del Mondo devono puntare subito a quel livello, mentre per i più giovani od i nuovi arrivati, l’obiettivo è fare bene intanto in OPA Cup, che è già un bell’obiettivo».

Entriamo nello specifico dei singoli atleti. Partiamo da coloro che sono nati negli anni novanta. Dalle sue parole, mi sembra di capire che non devono avere riguardi, ma porsi l’obiettivo di essere subito in Coppa del Mondo.

«Abbiamo Abram e Hellweger che sono del ’96 e hanno già dimostrato di poter valere la Coppa del Mondo, Hella soprattutto nelle sprint, mentre Abram anche nelle distance. L’obiettivo deve essere quello, che sia passando per l’OPA Cup o partendo direttamente dalla Coppa del Mondo. Non ci nascondiamo. Devono fare un ulteriore salto di qualità per competere a buoni livelli in Coppa del Mondo.
Lo stesso discorso vale per Romano, che l’anno scorso, partendo da fuori squadra, ha anche fatto quel mega risultato a Holmenkollen, ma aveva già dimostrato tanto in OPA Cup con un secondo posto, a pochissimo dalla vittoria. Sono tre ragazzi che hanno qualità e maturità per provare a fare bene in Coppa del Mondo».


Passiamo ai nati dal 2000 in poi. In questo caso partirei da Chiocchetti e Ticcò, che hanno già esperienza in Coppa del Mondo. Quali obiettivi devono porsi?  

«In questo caso, parliamo di due giovani, che hanno già un bel livello e come potenzialità sono anche paragonabili ai tre più grandi della squadra. Nel corso dell’estate e dell’autunno, loro due devono solo lavorare su quelli che sono gli obiettivi che ci siamo posti sulla preparazione. Entrambi hanno ottimi margini di miglioramento, ma non devono avere la fretta di volere a tutti i costi arrivare subito in Coppa del Mondo per fare chissà cosa, ma devono pensare a fare i giusti step. Questi due giovani hanno tutto per andare in Coppa del Mondo, ma non deve diventare un’ossessione. Hanno anche l’età per poter crescere un anno o due con gradualità. Se in OPA Cup dimostreranno di valere, come si è visto già l’anno scorso, tutti noi vogliamo che facciano le loro esperienze in Coppa del Mondo».

Parlando degli altri, nessuno di loro ha già fatto esperienza in Coppa del Mondo. Mi riferisco, ovviamente, a Bernardi, il giovanissimo Carollo e Poli, che non fa nemmeno parte di alcun corpo sportivo.
«Sicuramente sono tre atleti che non hanno fatto le esperienze dei loro compagni, ma non sono inferiori ad essi, perché vi garantisco che negli allenamenti sono assolutamente al loro livello. Naturalmente, soprattutto a Carollo e Poli manca un po’ di esperienza internazionale, uno per l’età e l’altro per il suo percorso sportivo. Ritengo che questi due ragazzi debbano quindi focalizzarsi bene sui propri obiettivi, imparare, da coloro che sono in squadra da più anni, a come gestire certe situazioni, i momenti di affaticamento, quelli in cui staccare la spina ed altri aspetti. L’obiettivo, in termini di risultati, deve essere puntare a fare bene in OPA Cup, che, secondo me, al momento è il loro circuito di riferimento. Chiaramente, da allenatore non si deve mai mettere un tetto alle prestazioni degli atleti. Come abbiamo visto anche lo scorso anno con Mocellini, non ha senso mettere dei limiti, quindi se riusciranno a migliorare in fretta, possono anche alzare l’asticella. È però importante che, soprattutto all’inizio, essi abbiano ben chiaro qual è il loro percorso e dove vogliono arrivare quest’anno.
Per quanto riguarda Bernardi, magari il discorso è un po’ diverso, perché ha già più esperienza in squadra. Nelle sprint egli ha già dimostrato di poter fare delle cose importanti in qualificazione. Mi aspetto che in quel format di gara possa già pensare di fare risultato in OPA Cup e magari, perché no, guadagnarsi la sua esperienza in Coppa del Mondo. Lo vedo più vicino a Ticcò e Chiocchetti come obiettivi per la stagione.
Tornando su Poli, ha un percorso diverso, deve pensare a non bruciare le tappe e volere troppo. Se si fa un passo alla volta, si può anche arrivare in Coppa del Mondo in pochi mesi, non è che ci sia niente di predefinito».


Nella passata stagione, ho avuto l’impressione che vi sia stato un miglioramento del livello medio degli azzurri nati da metà anni novanta in poi. Quasi tutti coloro che sono arrivati in Coppa del Mondo sono riusciti poi a fare qualcosa di discreto. A cosa pensa sia dovuto questo miglioramento complessivo? Ritiene che forse il merito sia di Mocellini, che con quel risultato può aver dato un po’ la scossa a tutti?

«Sicuramente l’abbiamo pensato immediatamente e detto subito in tanti, che quel risultato di Mocellini a Beitostølen potesse essere la svolta. Credo possa quindi essere una chiave di lettura. Con il suo risultato, Moce ha dimostrato che anche un ragazzo rimasto per tanti anni fuori dal giro della nazionale, allenandosi allora con le Fiamme Gialle, originario della Valsugana, che non è una località dalla tradizione fondistica eccelsa, può crescere, seguendo il proprio percorso, e arrivare anche al podio in Coppa del Mondo. Quindi credo che se prima, a volte si vedeva un ambiente quasi stanco e demotivato, perché sembrava fosse impossibile far bene ad alto livello, quel risultato è stata una scintilla che ha aiutato tanti a dire: “Ok, perché no? Forse un giorno posso arrivare anch’io, se non sul podio, a lottare per posizioni importanti”».

Per quanto riguarda la programmazione: è sempre la stessa dello scorso anno? Si segue ancora la famosa “red line” dettata da Cramer?

«Si, la programmazione è rimasta praticamente identica. A fine stagione, abbiamo parlato con Markus (Cramer, ndr), valutato alcuni aspetti che si potevano migliorare, ma principalmente si è trattato solo di dettagli. La famosa red line è rimasta quella. Lo scorso anno l’abbiamo sposata, anche perché la filosofia di base era quella che già da anni avevo cercato di portare in nazionale e quindi non è stato così difficile per me seguirla. Anzi, devo ammettere che seguire questa linea ci ha dato anche la possibilità, almeno dal punto di vista personale, di porre meno attenzione su cosa fare, perché la linea era quella, ma dedicarci di più al dare qualità ai singoli allenamenti, parlando con gli atleti e trovando per ciascuno di loro un obiettivo preciso da portare a casa in ogni allenamento».

L’ultima cosa che le chiedo, è più personale. Questo è il suo quarto anno da allenatore della nazionale. Ovviamente, come tutti, è passato attraverso momenti felici ed altri meno. Tornando indietro allo Scola di allora, quello che si trovata per la prima ad allenare nazionale, crede di essere un po’ cambiato? Ritiene che le esperienze fatte in questi anni, l’abbiano migliorata come allenatore?

«Sicuramente, le varie esperienza fatte in questi anni mi hanno cambiato come allenatore. Ad oggi, sono più convinto, rispetto a quattro anni fa, che ovviamente si, l’allenamento è importante e la programmazione è fondamentale, ma la differenza non la fa quello, bensì la gestione del gruppo, gli obiettivi che ti poni insieme ai ragazzi, la consapevolezza che riesci a trasmettere loro. Ho capito ancora di più che sono tutti gli aspetti riguardanti la gestione mentale a fare davvero la differenza, quando si è a un certo livello. Sicuramente, se potessi tornare indietro alla mia prima stagione da allenatore della squadra, darei maggiore peso e più spazio a questo aspetto, spendendo meno energie sul decidere se fare un’ora di skiroll o corsa».

Giorgio Capodaglio

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