Biathlon | 21 marzo 2024, 18:15

Biathlon - Finalmente in Italia! Samuela Comola e il suo viaggio odissea di ritorno da Canmore: "Ci mancava solo quel colpo incastrato nella borsa"

Biathlon - Finalmente in Italia! Samuela Comola e il suo viaggio odissea di ritorno da Canmore: "Ci mancava solo quel colpo incastrato nella borsa"

Un racconto che meriterebbe forse una storia a fumetti, cercando di sdrammatizzarlo, ma che nel momento esatto in cui è avvenuto è stato ovviamente piuttosto stressante per le protagoniste, in particolare per l’azzurra Samuela Comola.

Come già riportato questa mattina, attraverso il racconto di Jeanne Richard ai colleghi di Nordic Magazine, le due atlete insieme ad altri otto hanno visto smarrire i propri bagagli nel volo che da Calgary aveva portato tutti a Monaco di Baviera, con un ritardo di quasi cinque ore!

«Sono stata l’unica della nostra squadra a non aver ricevuto la carabina una volta arrivati a Monaco di Baviera – ha raccontato Samuela Comola a Fondo Italia – allora alcuni funzionari dell’IBU ci hanno assicurato che sarebbero arrivate il giorno successivo alle due del pomeriggio. A quel punto ho deciso di fermarmi, perché alla fine avrei dovuto ritirare la mia carabina di persona, facendo nuovamente un lungo viaggio di sei ore e mezza dalla Valle d’Aosta. Siccome anche Jeanne (Richard, ndr) aveva deciso di fermarsi, le ho scritto e mi ha ospitato nella stanza doppia che aveva prenotato in albergo. Quindi passato il resto della giornata assieme, abbiamo visitato la città e siamo andate a cena».



Il giorno successivo le due atlete tornano in aeroporto e Jeanne Richard scopre, grazie alla geolocalizzazione, che la sua carabina, si trovava a Francoforte. Le due, che avevano volo previsto per le 18.45, spostano ancora il volo alle 21.55 da Ginevra e passano del tempo insieme ad altri atleti e tecnici che si trovavano nella stessa situazione: due ucraini, un bulgaro, due rumeni e un kazako. Dopo le 18 Richard scopre che le carabine sono ancora a Francoforte, allora l'allenatore ucraino Oleksii Kravchenko si offre di scrivere una delega per ritare lui le carabine e portarle in macchina al centro IBU di Salisburgo.

«In realtà ho prenotato il volo per Ginevra perché su Milano e Torino non c’era più posto – ha raccontato Comolaquello più vicino era Ginevra, che dista comunque due ore e mezza da casa mia. Insomma il mio piano era il seguente: se fosse arrivata la carabina, mi sarei fermata una notte a Monaco di Baviera per poi andare direttamente ad Anterselva, altrimenti avrei preso l’aereo. A quel punto, visto che immaginavo la carabina non arrivasse, ho imbarcato i bagagli, insieme a Jeanne, dichiarando che non avevamo i fucili, quindi abbiamo passato anche il security check e sottolineo questo passaggio (ride, ndr). Mentre stavamo raggiungendo il gate, Oleksii ci ha chiamate per dirci che erano arrivate le carabine con nostri nomi. A quel punto siamo uscite nuovamente dall’area partenze, siamo andate al baggage claim a cercare i nostri fucili, poi una volta trovati, abbiamo avuto un nuovo controllo della polizia. Quindi, finalmente, siamo andate al check-in per imbarcarle, chiedendo di aggiungere le nostre carabine all’imbarco già fatto. Lì abbiamo avuto un nuovo problema».




Impossibile aggiungere dei bagagli così a ridosso del volo, ma Samuela prende in mano la situazione e parlando con la Polizia riesce a risolvere il problema e imbarcano anche le due carabine.
Le due atlete allora corrono a più non posso verso i controlli di sicurezza, come se si trovassero ad affrontare l'ultimo giro in una gara, ormai a un passo dalla fine della storia, per raggiungere quell’aereo ironicamente puntuale. Ma proprio allora, ecco che le due storie prendono strade diverse, come quelle dei loro bagagli a mano. Mentre Jeanne Richard riesce a passare e salire su quel volo, la valdostana dell’Esercito resta bloccata ancora una volta: «Avevo passato quei controlli già tre volte – racconta Comolanessuno mi aveva fatto alcuna storia, invece proprio nel momento sbagliato ho visto il mio bagaglio finire nel nastro sbagliato. L’uomo alla security ha lo quindi controllato e ha tirato fuori questo colpo che era rimasto incastrato nella retina. Probabilmente sarà stato lì dalle gare.
Non ci volevo credere! È arrivato un poliziotto molto intransigente, sono stata lì almeno un quarto d’ora, voleva tante spiegazioni. Per fortuna avevo con me tutti i documenti per il trasporto delle armi, così mi ha preso i dati e rifilato una bella multa prima di lasciarmi andare
. Dopodiché sono partita di corsa verso il gate, roba che Mirco Romanin sarebbe fiero dei miei scatti (ride, ndr), solo che, ovviamente, come accade sempre in questi casi, il gate del mio volo era lontanissimo e una volta arrivata, non c’era più nessuno e avevano già chiuso tutto».

A quel punto, Comola si è lasciata giustamente andare a un momento di sconforto: «Non vi nascondo che lì sono scoppiata, anche perché sapevo che i miei genitori erano arrivati Ginevra e mi stavano aspettando. Li ho chiamati quasi in lacrime dicendo loro che avevo perso l’aereo e non sapevo cosa fare».




Anche perché a quel punto, non avendo vissuto esperienze del genere in passato, Comola non sapeva nemmeno che fine avessero fatto i bagagli imbarcati sul volo e con essi, ovviamente, la carabina. «Ho telefonato a Michele Camarda, che si occupa della logistica della squadra, e lui mi ha assicurato che quando un passeggero non si presenta, i suoi bagagli vengono scaricati. Così, alle dieci passate ho ricominciato a girovagare per l’aeroporto in cerca di un punto informazioni di Lufthansa. Lì mi hanno localizzato i bagagli indicandomi il numero del nastro dove ritirarli. Li ho aspettati circa un’ora, per ritirarli alle 23, poi sono andata al centro recupero per i bagagli speciali e lì ho ritirato la carabina».

Finita? Macchè! «Allora ho avuto l’ennesimo controllo della Polizia, a cui ancora una volta ho raccontato tutta la storia e mi avevano chiesto se la carabina arrivasse da Ginevra, quando in realtà non era mai partita per Ginevra. Finalmente, a mezzanotte, ho preso il treno per un hotel a Monaco Ovest che mi ha gentilmente prenotato Michele (Camarda, ndr). È stato però difficile prendere sonno».

Comola ha quindi presto un treno questa mattina fino a Bressanone per andare direttamente ai Campionati Italiani: «In stazione mi aspettava Rebecca Passler, che ringrazio per essere venuta a prendermi. Lei mi ha quindi portato in hotel ad Anterselva, dove finalmente si è chiuso il mio viaggio durato quattro giorni. E si concludono così le mie peripezie. Ridiamoci su (ride, ndr)».

Sicuramente una trasferta nordamericana che l’azzurra non dimenticherà.

Giorgio Capodaglio

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