Biathlon | 26 marzo 2024, 16:10

Biathlon - Un nuovo stadio di biathlon a bassa quota, proteste in Alsazia

photo credits - Dmytro Yevenko

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Gli inverni rigidi e pieni di neve sono sempre più un vago ricordo a bassa quota e gli sport che fanno delle piste innevate la loro caratteristica principale avere neve fresca e duratura diventa sempre più una priorità. Ecco perché, in un momento in cui l'attenzione all'ambiente da parte dell'opinione pubblica si fa sempre più forte, si cerca di individuare siti di gare ad alta quota che siano il meno impattanti possibile a livello ambientale.

Eppure, di tanto in tanto, delle iniziative in controtendenza con la sensibilità attuale si verificano e la risposta delle associazioni ambientaliste non si fa attendere: è quello che è successo a Champ du Feu, nel dipartimento francese del Basso Reno, dove, come riporta Ski Chrono, una cinquantina di persone hanno manifestato sabato contro il progetto di creazione di uno stadio di biathlon dove le nevicate stanno gradualmente diventando sempre più rare.

Il sito è situato a 1.099 metri sul livello del mare, ai margini del massiccio dei Vosgi, il Champ du feu è il punto più alto di una stazione sciistica dislocata tra i 900 e i 1.060 metri sul livello del mare. Il progetto di ammodernamento della stazione, realizzato dalla Collettività Europea d'Alsazia (CEA), prevede in particolare la creazione di alloggi, parcheggi o una pista per slittini, per un importo totale di 8 milioni di euro. 

Ciò che però ha maggiormente attirato l'attenzione e il malcontento delle associazioni ambientalista è la creazione di un nuovo stadio di biathlon accessibile sia in estate che in inverno, che impiegherebbe la metà del budget e si svilupperebbe su una superficie di tre ettari, oltre alla riqualificazione di alcune piste di sci nordico esistenti.

Le associazioni scese in piazza a protestare parlano di «un progetto costoso, anacronistico e inopportuno» che porta a «una maggiore pressione delle attività umane su tutti gli esseri viventi».

Eloi Navarro, membro dell'associazione Le Chaudron des Alternatives fa notare come questa volontà di salvare gli sport invernali in montagna nei Vosgi sia in contrasto con la pochissima neve che ormai cade nella zona «Non ha più senso invadere aree naturali per sviluppare un’attività senza futuro».

Del resto, come spiegato anche dalla referente del progetto presso il CEA, Monique Houlné, durante l'ultimo inverno particolarmente mite le piste esistenti sono state sufficientemente innevate per essere percorribili tra 15 e 20 giorni, ma solo due anni fa erano 120 giorni. Houlné risponde anche alla critica in merito ai pochi praticanti nella regione: «Non conosciamo il numero preciso, contiamo un centinaio di utenti» controbattendo ai numeri nell'ordine di poche decine forniti dagli ambientalisti «ma quando si ha uno strumento obsoleto, che non ispira, è difficile generare vocazioni»

Nel primo trimestre del 2025 il progetto sarà oggetto di una revisione popolare e, assicura Houlné, se non la percentuale di persone favorevoli dovesse essere bassa, il risultato sarà ascoltato e i lavori accantonati.

Federica Trozzi

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