Biathlon | 21 febbraio 2020, 17:36

Anterselva 2020 - Andreas Zingerle fa il punto della situazione sul Mondiale azzurro alla vigilia delle staffette

Intervista all'allenatore della squadra italiana: "I risultati ottenuti ci hanno confermato di aver lavorato nel modo giusto; con quale criterio scegliamo l'ordine delle staffette? Per noi è fondamentale partire bene"

Anterselva 2020 - Andreas Zingerle fa il punto della situazione sul Mondiale azzurro alla vigilia delle staffette

Due ori e un argento per l’Italia nel Mondiale di Anterselva a due giorni dalla sua conclusione. Il bilancio azzurro è già ampiamente positivo e il clima all’interno della squadra è ovviamente molto sereno. Questa mattina abbiamo avuto modo di scambiare due chiacchiere con Andreas Zingerle, tra l’allenamento mattutino delle donne e quello degli uomini, facendo il punto della situazione sul Mondiale azzurro. Dalle sue parole abbiamo avuto alcuni spunti interessanti, .

Ciao Andreas, il Mondiale è stato fin qui positivo.
«Si, diciamo che è andato anche oltre le nostre aspettative».

Cosa significa per te aver vinto da allenatore queste due medaglie d’oro nella tua Anterselva?
«Per me la cosa più importante è avere avuto la consapevolezza, attraverso i risultati, che il lavoro fin qui svolto ha funzionato. Sono felice per tutti noi tecnici, perché tra noi c’è un bellissimo rapporto, siamo un bel gruppo di lavoro».

A proposito di questo: quanto è importante il rapporto tra gli allenatori?
«È importante che ci sia rispetto e comunicazione, bisogna prendere una decisione e portarla avanti una volta che è stata presa. Se la scelta si dimostra poi sbagliata, nessuno di noi, anche colui che non era d’accordo, si permette di andare dall’atleta a dire che avrebbe fatto una scelta diversa. Questa collaborazione tra noi sta funzionando molto bene».

Ti aspettavi una Dorothea Wierer così in forma, soprattutto dal punto di vista mentale, nonostante tutte queste pressioni addosso?
«All’inizio non pensavo potesse arrivare a fare così bene proprio perché lei aveva tanta pressione. Dopo la staffetta mista già l’avevo vista più rilassata, ma nella sprint sentiva nuovamente un po’ di pressione. Poi è arrivato l’inseguimento e dopo quella vittoria l’ho vista proprio libera da tutta la tensione. È stata bravissima».

L’oro nell’inseguimento quanto è stato importante per la vittoria dell’individuale?
«Tantissimo. Ha affrontato quella gara mentalmente libera, consapevole che qualsiasi cosa fosse arrivata a quel punto sarebbe stata qualcosa in più».

Nella single mixed di ieri l’Italia ha pagato l’alto pettorale di partenza. Tornassi indietro nel tempo, faresti delle scelte diverse a Pokljuka?
«No, perché ritengo che il risultato della single mixed slovena sia stato frutto solo di un episodio sfortunato, la caduta di Bormolini che gli ha anche causato la rottura del fucile. Vedendo il parco partenti di quel giorno, la nostra coppia al via (Bormolini-Vittozzi, ndr) avrebbe potuto benissimo chiudere tra i primi otto, permettendoci così di partire più avanti nella gara di ieri. Purtroppo con le due gare nello stesso giorno, dobbiamo gestire bene le cose valutando anche gli atleti che abbiamo a disposizione. Bisogna anche provare la gente, in quanto se un atleta forte è ammalato oppure va in difficoltà, gli altri devono essere pronti a sostituirli».

Come sta Lisa? La sappadina era partita bene nella staffetta mista e nella sprint; cosa le è accaduto a partire dall’inseguimento?
«Purtroppo nella pursuit ha fatto fatica un po’ in generale, quindi si è persa dopo gli errori al poligono. Anche nell’individuale non era lei. Ma posso assicurarvi che in allenamento negli ultimi giorni ha lavorato veramente bene e spero, quindi, che nei prossimi due giorni possa raccogliere qualcosa».

Puoi spiegarci come decidete gli atleti che partecipano alla staffetta e l’ordine di partenza?
«Noi preferiamo mettere spesso i più forti davanti perché, come si è visto ieri, se devi recuperare sei costretto a rischiare e crescono le possibilità di sbagliare. Se tu parti già nel gruppo dei migliori con gli atleti che decidono il ritmo della gara, riesci a gestirla meglio, non hai il pensiero di dover recuperare al poligono, gareggi con una maggiore tranquillità. Per questo motivo tendiamo a mettere davanti i più forti, perché in questa maniera diamo un aiuto anche agli altri che possono fare una gara di un alto livello, stando più rilassati e concentrati».

L’impressione, però, è che il lancio sia una frazione con ritmi più bassi, magari più semplice.
«Nel primo giro la velocità è più bassa perché è fondamentale iniziare la gara sparando bene, ma già nel secondo però il ritmo si alza e all’ultimo danno tutto. La prima frazione è una delle più importanti, perché posso mettere il secondo nelle migliori condizioni e se lì ho ancora un atleta forte, allora posso fare la differenza».

Sei soddisfatto del Mondiale fin qui fatto dalla squadra maschile?
«Mi dispiace un po’ per l’individuale, perché speravo che almeno uno arrivasse nei dieci. Abbiamo fatto un po’ troppi errori, ho un po’ di rammarico».

Perdonami la domanda personale: mi dici cosa hai provato quando hai visto tua figlia Linda vincere il titolo mondiale Giovani a Lenzerheide? Ti saresti aspettato una stagione tanto positiva da parte sua?
«Non mi aspettavo andasse così forte già quest’anno. Ero consapevole che sugli sci avesse qualcosa in più delle altre, ma non credevo potesse fare già così bene. A gennaio aveva già vinto gli Italiani a Forni Avoltri, era in buone condizioni, poi ha fatto delle ottime Olimpiadi Giovanili dalle quali era tornata malata. Quando l’ho sentita all’inizio del Mondiale di Lenzerheide, mi ha detto che si sentiva stanca ma alla fine ha ammesso di essere lì soprattutto per imparare. Sono poi partito per la Svizzera ed ero lì quando ha vinto la sprint. Quel giorno, al mattino mi disse che era tranquilla al punto da non sembrarle di avere una gara da lì a poco. Quando ho visto come stava andando sugli sci, ho capito subito che se avesse sparato bene sarebbe arrivato qualcosa di importante. Ha fatto una grande gara».

Ti sei emozionato?
«Lo ammetto, si».

Dalla Svizzera sei andato direttamente al raduno di Obertilliach; hai offerto da bere al resto della squadra?
«Per forza ho dovuto offrire una birra (ride, ndr)»

Giorgio Capodaglio

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